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Chissà se Renato Leotta ha mai letto “Oceano, mare”. Perché la sensibilità di questo giovane artista torinese somiglia moltissimo a quella del pittore Plasson, indimenticabile protagonistadel capolavoro di Alessandro Baricco, torinese anche lui. Come Plasson, Renato Leotta (nella foto una sua opera), che espone alla Galleria Fonti, in via Chiaia 229, fino all’8 maggio, dipinge con il mare. E del mare si sente figlio: “Piccola patria”, infatti, è il titolo della mostra che ha nel mare il suo epicentro semantico, la sua grammatica, la sua sintassi. Sulle pareti sono distesi fogli bianchi impregnati di acqua marina, raggrinziti dal sole e profumati di sale. Schiuma di onde sulla battigia? Vele mosse dal vento? Salsedine raggrumata? Suggestioni di infinito nella materia che, da oggetto di osservazione, diventa soggetto poetante portatore di valori estetici. Lo stesso avviene con la sabbia: i calchi realizzati sulle spiagge di Licola, Portici, Catania sono sculture naturali, dischi grigi di rena frammista a legnetti e schegge di vetro: ogni opera porta in sé una storia diversa, e in ogni storia il tempo agisce in maniera originale.
Lo sguardo corre su quelle concrezioni di grigio, e si scopre a soffermarsi su un cristallo luccicante: è un invito al viaggio interiore, nel rimando a quella “piccola patria” che ciascuno si porta dentro, bozzolo identitario e destino legati alla soggettività di ognuno.
E se ogni lavoro possiede un’indiscutibile potenza evocativa, la giustapposizione delle opere, pensata come un’installazione site-specific, amplifica il loro messaggio. L’esposizione alla luce naturale e al movimento incessante del vicolo che si apre sotto la galleria diventa un richiamo alla concretezza del quotidiano, un invito a considerare l’incessante mutevolezza della vita che agisce continuamente sulle cose, modificandole. E l’arte non è immune da questo lento, inesorabile e indifferibile scorrere del tempo: non può essere uno spazio altro, un empireo della mente o un paradiso dei sensi con ambizioni di eternità. Il “qui ed ora” è la sua dimensione. Un respiro malfermo che potrebbe anche essere l’ultimo.

Ritratto di a.parisi

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