di Mimmo Sica

NAPOLI. «Da anni la mia attività di conduttore dell’edizione di prima serata del Tg1 mi pone di fronte ad accadimenti capaci di condizionare l’umore per settimane. Quelli che hanno fatto irruzione nell’estate del 2016, tuttavia, hanno lasciato una traccia indelebile nella mia mente e nel mio cuore. È stato come ingaggiare un faccia a faccia con l’orrore. Un faccia a faccia energico e per nulla scontato nell’esito. Il destino (e con esso l’uomo in tutta la sua fragilità) ha srotolato nella dimensione globale e planetaria un telo nero in cui sono state intarsiate, a velocità impressionante, una dietro l’altra, storie di devastazione, di morte, di paura e di angoscia». 
È l’incipit della prefazione che Francesco Giorgino (nella foto di Marco Sommella con Enzo Colimoro ed Anna Capasso), lo storico anchorman del Tg1 e docente universitario, ha scritto al suo libro “Giornalismi e società”, edito da Mondadori. Lo ha letto l’attrice e cantante Anna Capasso, introducendo la presentazione del saggio fatta nel foyer del teatro Diana al Vomero. 
«Il libro - informa il moderatore, il giornalista Enzo Colimoro - è “lavorato” e scritto con fatica. Nel titolo e nel sottotitolo (informazione, politica, economia e cultura) illumina a giorno uno dei temi più importanti di questa epoca che ha mutamenti genetici velocissimi. Non è un libro semplice perché l’autore si rivolge a un pubblico affamato di un sapere “specifico”». 
Giorgino affermato che la sua opera letteraria è una dichiarazione d’amore nei confronti del giornalismo di qualità. «Parto dall’articolo 21 della Costitiuzione - dichiara - che sancisce il diritto per tutti di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Questo principio fondamentale, però, sancisce anche l’obbligo da parte del giornalista di fare informazione. Senonchè nel mondo c’è qualcuno che sta accreditando la tesi che non c’è bisogno del giornalismo. Nel mio libro voglio dimostrare il contrario. Ho posto, perciò, al centro l’informazione e l’ho messa in relazione alla politica, all’economia e alla cultura». 
Per l’autore non esiste il giornalismo oggettivo ma quello obiettivo orientato allo scopo. Esso tende a mediare la realtà rappresentabile e gli strumenti a disposizione del pubblico per fruire dell’ informazione. Ha precisato che nell’era della globalizzazione, della complessità più che della complicazione, dell’individualismo e della personal communication, riflettere sulla funzione sociale dell’informazione significa soprattutto considerare le conseguenze dell’interconnessione fra politica, economia, finanza e cultura, qui intesa come universo di conoscenze conoscibili. Il saggio analizza il senso autentico dell’attività di mediazione dei «giornalismi». Quattro sono le tesi sostenute nel libro. La prima è che, pur nell’evoluzione dei modelli tradizionali a vantaggio di nuove categorie interpretative (dal citizen journalism al data journalism, dal brand journalism alle all news) resta esclusiva la capacità dell’informazione di ricercare, indicare e perseguire quell’orizzonte di senso che nessun altro può garantire. La seconda tesi, relativa al rapporto fra giornalismo e politica, è che più che sulla quantità occorre puntare sulla qualità, se si vuole implementare il livello di democrazia di un Paese. 
La terza tesi è che l’informazione deve interpretare anche la funzione di arbitro fra politica ed economia, contribuendo a mettere un argine alla prevaricazione della finanza. La quarta ed ultima tesi è che nel ventunesimo secolo l’acquisizione della conoscenza da parte del pubblico (interattivo e non più solo attivo) coincide in larga misura con la fruizione di contenuti mediali. E questo dilata la responsabilità dei mezzi di informazione.
«Oggi - conclude - tutti noi siamo onnivori di strumenti di informazione. Il rapporto Censis 2017 al capitolo “Comunicazione e media” ha, tra l’altro, evidenziato che gli italiani per informarsi mettono al primo posto i telegiornali generalisti che sono usati dal 60,6% e al secondo i social network. In particolare Facebook è utilizzato dal 35% degli italiani, che diventa il 48% tra i giovani. Ne consegue che la forte espansione dei social network, unitamente a quella dell’utilizzo di internet, aggrava il fenomeno delle fake news cui danno credito più della metà degli utenti italiani della rete». 
La presentazione si è conclusa con la lettura da parte di Anna Capasso della riflessione con cui Giorgino termina il suo saggio: «Ci attende una sfida grande. Una sfida capace di porsi in continuità con quelle necessità di convergenza culturale, come le definisce Jenkins (accademico e saggista statunitense che si occupa di media, comunicazione e giornalismo) di cui soprattutto la televisione è stata, per decenni interprete autentica e predominante, anche se non esclusiva. E scusate se a ricordarlo, al termine dell’esposizione dell’intero percorso concettuale di questo libro, sia il giornalista televisivo, prima ancora che lo studioso». 
Tra i numerosi intervenuti “i padroni di casa” Lucio, Guglielmo e Claudia Mirra, l’editore Fabio Rocco, lo showman Enzo Calabrese e i fotografi Marco Sommella, Mario Occhiobuono e Pino Attanasio.