NAPOLI. Al San Carlo, il bis di “Va’ pensiero”, al terzo atto dell’opera, ha suggellato l’altra sera il successo dell’edizione 2018 di “Nabucco” di Verdi (Ciampa direttore, allestimento scenico Scarpitta-Millenotti-Schonebaum, ripreso dall’Opera di Roma), la prima nel nuovo secolo già inoltrato. E gran parlare c’è stato a fine serata tra gli appassionati e frequentatori di lungo corso, quelli che potevano avere visto le edizioni almeno dal 1968 ad oggi, come l’autore di queste righe, per verificare se qualcuno ricordasse un bis del coro famoso in qualche “prima”. Nessuno ricordava niente in proposito: di altra edizione però c’è la registrazione – proposta ventuno anni fa dagli “Amici del San Carlo” nel foyer del teatro- quella dell’edizione del 1949 (c’era la Callas, al debutto napoletano) in cui dopo la musica si sente la dimostrazione appassionata di amor di patria del pubblico che invocava “Trieste, Trieste”, allora sottratta alla sovranità italiana. Veramente il coro suscitò in quel momento entusiasmi ancora risorgimentali. Diversamente,l’altra sera con la richiesta del bis è stata riconosciuta come ben avviata l’attività della nuova guida del coro, affidata da poco tempo a Gea Garatti Ansini, con risultati evidentemente migliori di quelli ascoltati un mese fa nel finale della sinfonia n.9 di Beethoven, innanzi tutto per la coesione dell’insieme e per la precisione. L’espressività migliorerà certo e lo verificheremo il 19 prossimo, nell’esecuzione della “Messa da Requiem” sempre di Verdi: ottima occasione per ascoltare dal vivo in tempo molto ravvicinato l’inizio e la conclusione del percorso artistico di Verdi alle prese con il severo stile oratoriale. Si, perché “Nabucco” è un grande oratorio, abbigliato da opera, dove è protagonista il coro, come si è ben visto al San Carlo in questa produzione, in cui è stato sempre all’altezza del ruolo, sia dando voce ai Babilonesi, nei pezzi ritmicamente più esposti e frementi, sia agli Ebrei cui Verdi ha donato un canto drammatico ma con sfaccettature liriche. Per intendere questo si deve ricordare che il librettista Solera era un neoguelfo, che l’opera era stata proposta prima Nicolai compositore, organista, direttore d’orchestra tedesco attivo in Italia, che il secondo atto propone una scena biblica simile al famoso convito di Baldassarre, attraente per più di un compositore in altro genere, che il ruolo più ampio ed articolato è quello del Sacerdote ebreo Zaccaria, quasi un re-sacerdote, (qui Rafal Siwek, molto espressivo, incisivo nella possente resa drammatica, pure se con canto discontinuo), che in quegli anni Mendelssohn aveva scritto con successo il “Paulus” nel revival del gusto di Bach ed Haendel. Con “Nabucco” ci andiamo vicino. Marginale infatti è la storia d’amore tra la principessa babilonese, figlia del re Nabucco, Fenena(l’ha interpretata con partecipazione emotiva comunicativa Carmen Topeiu che ha eseguito con cura la sua aria prima del finale) ed il principe ebreo, nipote di Zaccaria, Ismaele (ha cantato questo ruolo con bella e potente voce, squillo tenorile quasi eroico, Antonello Palombi). Invece è centrale il conflitto sia politico sia religioso. Quello politico è tra potere legittimo, rappresentato da Nabucco ( interpretato da Giovanni Meoni dal canto nobile, che a tratti ricordava l’interpretazione di Cappuccilli) ed potere illegittimo di Abigaille ( interpretata in maniera superba da Anna Pirozzi),memoria metaforica della Rivoluzione Francese ed oltre, nonché momento centrale nella cultura politica dell’epoca fondata sulla Santa Alleanza. Il conflitto religioso è  tra i pagani (lo sono Abigaille e Nabucco, che però poi si converte dopo il peccato di superbia e l’espiazione con conversione platealmente manzoniana, perfino con la musica dall’esterno, come nella scena dell’Innominato nel gran romanzo) ed il Popolo Eletto. Tutto qui esprime l’amore per la Bibbia e Manzoni proprio di Verdi da giovane. Da artista Verdi conduce la sua terza opera, seconda seria, con il contrasto espressivo che oppone in maniera diretta il lirismo melodico alla drammaticità, prevalentemente ritmica. Il primo trionfa nei pezzi più belli oltre il coro famoso: sia di Nabucco (cantabile del duetto e preghiera nell’atto quarto l’altra sera giustamente molto applauditi perché bene eseguiti da Giovanni Meoni) SIA DI Abigaille (tanto applaudita dopo l’aria del secondo atto e dopo il pezzo finale), la seconda trionfa con l’incalzate e vibrante procedere di motivetti anche bandistici, nelle scene d’insieme e nelle cabalette, frizzanti, talora come un bicchiere di buon lambrusco. Questo aspetto, peculiare alle prime opere di Verdi,  ha portato tanti studiosi e commentatori a deprecare“Nabucco”, quale modello di opera superficiale e barricadiera a forti tinte e contrasti superficiali, altri a lodare la verve anche sfiziosa e straniante dei pezzi meno compassati. Toscanini, per quel che si può dedurre da esigue testimonianze, Previtali,  Gavazzeni (anche al San Carlo) e Muti hanno puntato sui ritmi incalzanti, abbiamo invece ascoltato Oren (al San Ccarlo, a Verona) affrontare l’opera con delicatezza lirica, lasciando trasparire la memoria del canto di Donizetti e non solo il brio drammatico di Rossini, con respiro sinfonico. L’ottima direzione di Francesco Ivan Ciampa, già aiuto di Oren, con l’orchestra del San Carlo in forma, finalmente dopo le prove opache nei concerti scorsi, ci ha ridato “Nabucco” equilibrato, oratoriale, fatto di preghiera e malinconia, in cui i personaggi fanno parte di un affresco che li trascende ed amalgama; tutto era chiaro fin dalla sinfonia eseguita con poetico “legato” tra i contrastanti episodi. Quindi ben centrate le interpretazioni di Meoni  e dell’eccellente Pirozzi dalla bella, potente voce assai ben usata nel virtuosismo spettacolare, nel disegno generale, lasciando esplodere e passare oltre le furie di rabbia, le cabalette frenetiche, gli sbalorditivi, e per noi improbabili, ritmi di danza, soprattutto quello del concertato del secondo atto. Nei ruoli di contorno hanno cantato con impegno Gianluca Breda (Sacerdote di Belo), Antonello Ceron (Abdallo), Fulvia Mastrobuono (Anna). Il debutto di Ciampa al San Carlo è stato felice e ci si augura torni a breve con la sua ben governata musicalità. Magari con opera un’opera rara, “Gioconda” ad esempio proprio con Anna Pirozzi. Ma saremmo pure contenti con un “Macbeth”. Il pubblico, soddisfattissimo anche per la sobrietà dell’allestimento con elementi essenziali , ha molto applaudito soprattutto alcuni momenti dello spettacolo ed alla fine, auspicando nuove  produzioni con questo stile. Prima che lo spettacolo avesse inizio, il direttore artistico del teatro, professore Paolo Pinamonti, ha ricordato il soprano Monserrat Caballè, deceduta qualche giorno fa a Barcellona, protagonista al San Carlo di serate memorabili, già rievocate su questo giornale.