Clan Pagnozzi, annullata la sentenza per il boss
di Redazione
Ven 14 Giugno 2019 12:59
SAN MARTINO VALLE CAUDINA. La Suprema Corte, sesta sezione penale, presieduta dal dottor Petitti e che ha visto come relatore il dottor Costanzo, in completo accoglimento del diffuso ricorso proposto dagli avvocati Dario Vannetiello (nella foto) ed Alfonso Furgiuele, ha annullato la condanna a 16 anni e 4 mesi di reclusione per Domenico Pagnozzi, il 12 marzo del 2018 dalla Corte di appello di Napoli (IV sezione).
L’accusa oggetto del processo è quella di aver diretto ed organizzato quella storica organizzazione operante oramai da oltre trenta anni nelle due province di Benevento ed Avellino, con propaggini nell’hinterland napoletano, in particolare a San Giovanni a Teduccio, con significativa e recente ramificazione nella città di Roma.
Più volte in passato è stato indagato e processato più volte per omicidio, senza mai riportare la condanna all’ergastolo.
Il noto magistrato Raffale Cantone, allorquando era pubblico ministero in carica alla direzione distrettuale antimafia di Napoli, nel processo al famigerato clan del Casalesi, ne invocò la assoluzione con una sorprendente motivazione: camorrista carismatico che non doveva essere ritenuto intraneo ai Casalesi in quanto si era opposto con successo al tentativo di costoro di inglobarlo nelle loro impressionanti fila. Fu allora che i casalesi decretarono la sua morte alla quale “’o professore” scampò in prima battuta per circostanze fortuite, poi per la sua capacità di tessere alleanze nel mondo criminale.
La Direzione distrettuale della città capitolina da anni sostiene con determinazione che Domenico Pagnozzi, soggetto rispettato da esponenti di primo piano della ’ndrangheta e da quelle che facevano parte della banda della Magliana, avrebbe esportato metodi e sistemi camorristici nella capitale d’Italia, iniziando ad imporsi nel lontano 2001 con l’omicidio del boss siciliano Giuseppe Carlino avvenuto sul litorale laziale.
Proprio nel periodo in cui in Italia destarono scalpore le modalità del funerale a Roma di un noto esponente dei Casamonica, un navigato giornalista di un affermato quotidiano di tiratura nazionale, prima che venissero eseguiti i ben 61 arresti degli affiliati romani di Domenico Pagnozzi, segnalò il potere criminale oramai raggiunto nella città di Roma da colui che tra gli adepti laziali veniva soprannominato “ occhi di ghiaccio”, rispettato e temuto anche dai Casamonica, come era emerso anche dalle intercettazioni del processo cosiddetto “ camorra capitale”.
Con la ultima decisione assunta dalla Suprema Corte, il processo è da rifare completamente innanzi a diversa sezione della Corte di appello di Napoli.
Ad oggi Pagnozzi è sottoposto al carcere duro ed attende la fissazione di altro processo in Cassazione, quello per l’appunto relativo alla condanna a 30 anni di reclusione per aver diretto due associazioni criminali nella città di Roma, una destinata al narcotraffico, l’altra finalizzata ad imporsi nella economia della capitale anche mediante violenza e minaccia.
Decisione questa che potrebbe determinare la fine della storia giudiziaria del boss campano o restituirlo di colpo e per l’ennesima volta alla libertà, come accaduto più volte in passato.
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