NAPOLI. Un parlamentare non è un funzionario pubblico e non sussiste il reato di corruzione, non c’è prova che Sergio De Gregorio abbia votato contro il governo Prodi in cambio di soldi, seppur siano stati elargiti due milioni di euro in contati a De Gregorio non c’è prova della provvista di quei soldi, ovvero da dove arrivino. Questi sono i tre punti principali che la difesa di Silvio Berlusconi ha questa mattina posto in evidenza davanti ai giudici della quarta sezione penale del Tribunale di Napoli dove si sta svolgendo il processo a carico dell’ex premier e di Valter Lavatola. Niccolò Ghedini e Michele Cerabona hanno puntato l’attenzione innanzitutto sulle dichiarazione di Sergio De Gregorio, grande accusatore di Berlusconi, reo confesso il quale ha patteggiato la pena a 18 mesi di reclusione. «Non c’è prova per sostenere che De Gregorio abbia asservito la sua funzione di parlamentare in cambio di soldi. Nessuno ci viene a dire dei politici che hanno testimoniato in questo processo che De Gregorio votava per ragioni di denaro, ma ci dicono che lo faceva per ragioni politiche». A tal proposito gli avvocati hanno ricordato che De Gregorio sha sempre affermato di essersi sentito legato da sempre al centrodestra e quando arrivò a Forza Italia dichiaro’ di aver fatto«un ritorno a casa». Infine Ghedini si è concentrato sui due milioni di euro che De Gregorio avrebbe ricevuto in contati per mezzo di Valter Lavatola. «Se pur De Gregorio avesse ricevuto quei soldi non c’a’ la prova di dove vengano tratti quei due milioni, manca ovvero la prova relativa alla provvista”. Infine sull’ipotesi di corruzione sostenuta dalla Procura Ghedini, cosi’ come fu sostenuto all’udienza preliminare prima del rinvio a giudizio, ha ribadito che non si puo’ “considerare un onorevole un pubblico ufficiale e dunque non si puo’ contestare il reato di corruzione».