Operato al cuore al Monaldi, resta paralizzato: caso in Procura
Un 51enne ricoverato dopo un infarto. Si indaga per lesioni colpose
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Sab 02 Settembre 2017 16:10
NAPOLI. Paralizzato dopo l’intervento al cuore e con una piaga da decubito abnorme, impressionante, che fa apparire la sua schiena come scuoiata, putrefatta: un’immagine difficile da sostenere anche per chi in ospedale ci lavora. Sul caso di Gennaro Reparato, operaio edile 51enne, residente a Giugliano, la Procura della Repubblica ha aperto un’inchiesta per lesioni colpose.
Il sostituto procuratore Michele Caroppoli, del pool lavoro e colpe professionali della Procura di Napoli, ha ordinato il sequestro delle cartelle cliniche al Monaldi, l’ospedale dove il paziente è ricoverato dal giugno scorso, e ha nominato un perito, il medico legale Pietro Tarsitano, per analizzare il caso. Per ora non ci sono nomi nel registro degli indagati.
IL FATTO. Il 51enne è stato colto da infarto il 16 giugno scorso. È stato portato immediatamente all’ospedale San Giuliano di Giugliano dove i medici hanno tentato immediatamente di salvargli la vita, ma hanno giudicato la sua situazione molto complicata. Dopo averlo stabilizzato ne hanno disposto il trasferimento in un centro superspecializzato per le patologie cardiache come l’ospedale Monaldi. Qui il paziente viene sottoposto a tutte le analisi necessarie prima dell’intervento. I medici si accorgono immediatamente che non si tratta di un caso semplice per la presenza di un’arteriopatia cronica ostruttiva aggressiva. Gli specialisti optano per un bypass coronarico, anche se è difficile recuperare tessuti non danneggiati. Il chirurgo li individua nell’aorta mammaria dalla quale recide quanto gli serve per cucire i due bypass che permetteranno al 51enne di sopravvivere. L’intervento risulta perfettamente riuscito. Il paziente viene, come da prassi, immediatamente trasferito presso la Terapia intensiva dell’Unità operativa complessa della Cardiochirurgia, guidata dal dottor Nicola Galdieri. Ma, c’è subito il primo imprevisto. Secondo quanto evidenziato nella denuncia presentata dall’avvocato Carmine Ippolito, il 51enne sarebbe rimasto in Rianimazione più del tempo previsto in questi casi. Da quel reparto, affermano i denuncianti, è uscito paralizzato: Gennaro non poteva più muoversi. I motivi di questa paralisi per ora restano ancora oscuri, sono molte le ipotesi al vaglio. Gli specialisti dell’ospedale parlano di una situazione clinica molto complessa e compromessa, con l’occlusione quasi totale delle principali arterie. A questa conseguenza inattesa e ancora senza spiegazione se n’è aggiunta ben presto ancora un’altra, pure completamente inedita nella sua evoluzione: una piaga da decubito che è diventata sempre più grande, fino a raggiungere dimensioni enormi e un aspetto spaventoso. Anche in questo caso non sono chiare le cause. I medici la stanno trattando con la terapia iperbarica, alla quale pare non ci siano particolari alternative.
LA DENUNCIA. Quando la situazione ha cominciato a diventare difficile i familiari hanno deciso di presentare denuncia: «Si sono rivolti a me - afferma l’avvocato Ippolito - non per presentare la denuncia contro l’ospedale, ma perché volevano avviare le pratiche per l’invalidità. Io ho chiarito al signor Gennaro che non mi occupavo di queste cose e l’ho messo in contatto con una collega civilista che si occupa di previdenza sociale. L’avvocato ha chiesto all’ospedale una certificazione sulle condizioni dell’assistito per poter presentare la documentazione necessaria all’Inps. Nonostante la richiesta ufficiale, dalla direzione dell’ospedale non è arrivata alcuna risposta. Questo atteggiamento ci ha messi in guardia e abbiamo chiesto chiarimenti su tutta la vicenda attraverso la richiesta di intervento della magistratura». «Quella di Gennaro è una patologia devastante - afferma il legale della famiglia - che lo condanna a morte. Proprio l’altro giorno è stato trasferito di nuovo in Rianimazione. Il suo corpo viene consumato progressivamente, non ha più le natiche e questa enorme ed orribile piaga si estende sempre di più, fino a comprendere ormai tutto il bacino». Secondo i denuncianti le ipotesi al vaglio degli specialisti da loro contattati per le perizie di parte sarebbero due. La prima, quella di una infezione ospedaliera, la seconda quella dell’esito dell’intervento. Per questa seconda ipotesi, la teoria è quella di una possibile emorragia trascurata, che sarebbe dimostrara, sempre secondo quanto sostengono i medici consultati dai familiari, dai bassi valori di emoglobina. «Nel caso di una infezione è chiaro - afferma l’avvocato Ippolito - che ci troveremmo di fronte a un fatto grave. Il problema delle infezioni ospedaliere necessita della dovuta considerazione. È fondamentale attenersi a delle linee guida che devono essere sempre più stringenti. Se poi sull’operato dei medici incidono i tagli alla Sanità pubblica, allora, il problema diventa ancora più grave, poiché a subirne le conseguenze sono tutti i cittadini».
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