Racket a prostitute e trans: è libero il figlio di Mazzarella
In carcere perché accusati di imporre tangenti: il Riesame cancella tutto
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Mar 14 Agosto 2018 17:56
NAPOLI. Manco due settimane e il Tribunale del Riesame ha scarcerato Francesco Mazzarella, il figlio del boss Vincenzo. Incensurato era stato accusato di essere uno degli estorsori di prostitute che “lavorano” su San Giovanni a Teduccio. Una inchiesta complicata che si è avvalsa sia di intercettazioni telefoniche che del racconto di una delle donne che è stata vittima. Merito della strategia difensiva dell’avvocato Sergio Lino Morra che studiando il provvedimento emesso dal gip di Napoli su richiesta della Dda è riuscito a dimostrare che non c’erano le esigenze cautelari necessarie per trattenere in carcere il rampollo della famiglia di San Giovanni a Teduccio, figlio Vincenzo detto “’o pazzo”. Tra le persone scarcerate c’è anche Daniele Noviello, conosciuto come Tony. Per lui la misura è risultata inefficacia per un difetto di notifica. Assistito dall’avvocato Leopoldo Perone è tornato libero.
Secondo l’accusa transessuali e gay che si prostituivano tra San Giovanni a Teduccio e Gianturco non sfuggivano alla morsa di un gruppo legato ai Mazzarella e capeggiato da una donna molto conosciuta nell’area orientale di Napoli: Annalisa Improta detta “Lisa” o “Mamma”, sorella di Antonio “o’ provolone”, autista di fiducia della famiglia Mazzarella ammazzato in un agguato nel 2004, e Raffaele “o’ bumbularo”, ucciso il 6 giugno 1991. Con lei collaboravano altre 4 trans, che l’accompagnavano nei giri notturni per controllare i movimenti delle “lucciole” sotto pressione. Un giro di estorsioni, tra i 10 e i 30 euro a notte, che si consumava da anni tra via Reggia di Portici, via Brin, via Galileo Ferraris e via Gianturco. Fino a quando una cittadina albanese, arrivata in Italia con bel altri sogni che finire sui marciapiedi, s’è stufata e seguita dopo poco tempo da una connazionale ha denunciato i malviventi.
A dimostrazione del legame del gruppo con il clan Mazzarella del quartiere Poggioreale c’è una circostanza importante: tra gli 9 arrestati c’era anche Francesco Mazzarella, incensurato 25enne figlio del boss Vincenzo “o pazzo”. Il giovane è stato riconosciuto in foto da una delle vittime per un apparecchio acustico ed è accusato di gravi minacce alle vittime del “pizzo” insieme con Antonio Sarnelli, esponente dei Mazzarella del rione Luzzatti, ma non è bastato per trannerlo in galera. Le accuse, a seconda delle varie posizioni, sono di associazione per delinquere finalizzata all’estorsione e all’usura e di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Il bilancio dell’inchiesta, coordinata dalla procura ordinaria, comprende anche una donna denunciata a piede libero: Pasqualina Improta, sorella di Annalisa, per la quale il gip non ha ritenuto sufficienti gli indizi per far scattare la misura cautelare. Le comunque, è già detenuta per altri reati. Le indagini, condotte dai carabinieri della compagnia Poggioreale, sono partite dalla denuncia presentata dalla giovane albanese, ma l’asso nella manica degli inquirenti è stata una microspia piazzata nell’autovettura di “Lisa”. Così si è scoperto il capillare controllo in particolare sui trans che si prostituivano nella zona, ai quali era stata assegnata una “postazione fissa”. Spostamenti e orari venivano monitorati senza sosta e con la violenza e le minacce gli indagati (da ritenere innocenti fino all’eventuale condanna definitiva) avevano imposto il pagamento di 30 euro al giorno: la somma necessaria per prostituirsi ”tranquillamente”. Attraverso l’ascolto delle conversazioni e mettendo sotto controllo man mano i telefonini dei “sospetti”, sono emersi anche prestiti di denaro ad usura.
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