NAPOLI. L’ultimo colpo messo a segno dall’Emeroteca Tucci sul mercato dell’antiquariato librario ha un titolo anonimo ma è di un autore famoso, Francesco Cangiullo, principe dei futuristi napoletani. Si tratta di una commedia in tre atti mai rappresentata in teatro, intitolata “Non c’è” e stampata a Napoli, nel 1909, nella tipografia Vitale in via Nilo 32.
La pubblicazione manca a tutte le biblioteche italiane, come può vedersi dall’Opac Sbn del Ministero dei Beni Culturali, e non è posseduta neppure dalla British Library, nel cui catalogo on line otto-novecentesco si trovano talvolta titoli di monografie e periodici italiani sconosciuti in Italia. Sulla commedia “Non c’è”, che fu causa di un’arrabbiatura furibonda di Cangiullo con Bracco e la Serao, aveva scritto diverse pagine, ventotto anni fa, Matteo D’Ambrosio, uno dei maggiori esperti mondiali di futurismo. Lo studioso, allora ancora docente di critica letteraria alla “Federico II”, aveva potuto avere in visione dagli eredi di Diego Petriccione la copia dedicata da Cangiullo al noto poeta, giornalista e drammaturgo napoletano, che per oltre vent’abbi, all’inizio del ‘900 era stato l’autorevole critico teatrale del “Roma”. 
Nel suo saggio di quasi seicento pagine sulle origini e sviluppi del futurismo a Napoli, “Nuove verità crudeli”, D’Ambrosio racconta che, due anni dopo aver inutilmente tentato di dare alle scene il suo lavoro teatrale, Cangiullo aveva pubblicato un pamphlet con la seguente copertina: “Non c’è/Roberto Bracco e Matilde Serao/Arguto ed umoristico opuscoletto di Francesco Cangiullo”; che era stato messo in vendita presso le edicole al costo di 15 centesimi. Conteneva, tra l’altro, la lettera di risposta di Roberto Bracco a una richiesta di aiuto teatrale: “Egregio e caro Cangiullo, chiedetemi la vita, ma non mi chiedete lettere di raccomandazioni o di presentazioni per capocomici. Ne ho sempre fatte poche. Ora non ne faccio più...”. Lunga e divertente era poi la ricostruzione di una doppia visita a Matilde Serao presso la redazione del quotidiano “Il Giorno”. La prima volta la giornalista-scrittrice, confessando di non avere avuto il tempo di leggere la commedia, gli aveva chiesto di tornare dopo sette giorni. La seconda volta, sorpresa mentre stava per recarsi a un ricevimento, aveva chiesto a Daniele Oberto Marrama, critico teatrale del suo giornale di aiutare Cangiullo (“raccomandare un autore al critico - osservava il giovane commediografo - è come raccomandare le pecore al lupo”). Ma il critico delegato aveva, a sua volta, dichiarato di non conoscere le persone giuste, cercando di convincere Cangiullo a rivolgersi a Pio De Flavis, critico supplente, ottenendo come meritata risposta, che l’altro invocasse ironicamente una raccomandazione fatta dall’usciere del giornale, prima di sbattere l’uscio. Il prestigioso acquisto della pubblicazione esclusiva è stato fatto dall’Emeroteca Tucci presso l’antiquario Ivo Ferraguti di Parma, di cui anni fa i giornali si erano occupati quando, dribblando autorevoli acquirenti emiliani, egli aveva ceduto alla “Tucci” la rara copia di una rivista francese illustrata artisticamente, ideata e diretta da Jean Cocteau, anche questa avente un titolo telegrafico: “Le Mot”. Ferraguti non dimentica i suoi amici di Napoli, città in cui, da giovane, visse e lavorò (a Bellavista) per dieci anni.