Nicola Zingaretti al 47,38% (88.918 voti), Maurizio Martina al 36,10% (67.749), Roberto Giachetti all'11,13% (20.887). E' finita così la prima fase del Congresso Pd, quella riservata ai Circoli. I risultati sono stati formalizzati dalla Convenzione che ha dato il via ufficiale alla corsa a tre alle primarie del prossimo 3 marzo.

Una Convenzione che ha cercato di voltare pagina, a partire dai dettagli. Come la modifica alla scenografia del palco che ha consentito di inserire le bandiere dell'Europa tra quelle del Pd e l'inno europeo in apertura prima di quello di Mameli. Assente, e non è la prima volta, Matteo Renzi. Non c'erano Maria Elena Boschi, Luca Lotti e nemmeno Paolo Gentiloni, impegnato negli Stati Uniti per incontri e conferenze. Presenti Dario Franceschini e Lorenzo Guerini, a lavori avviati si è presentato Carlo Calenda. Ma la prima fila è stata tutta per i sei candidati alla segreteria.

"Dobbiamo voltare pagina, che significa non pretendere abiure, nessuno le cerca, ma ammettere insieme ai successi i nostri limiti, che ci sono stati", ha spiegato Zingaretti nel suo intervento. Sul governatore del Lazio, primo nella fase dei Circoli, grava la responsabilità di presentarsi ai gazebo da favorito.

Nel suo discorso Zingaretti si è sforzato di parlare a tutto il partito, 'dribblando' le polemiche interne: "Basta con un partito fondato sugli antirenziani, gli antifranceschiniani, gli antiboschiani. L'Italia si aspetta che tornino i democratici, a chi ha bisogno non interessa nulla delle nostre piccolezze, allora muoviamoci, se mi candido mi candido solo per voltare pagina e superare questa fase".

Il governatore del Lazio ha anche respinto due delle principali accuse che gli sono state mosse dalle altre mozioni: il ritorno della 'Ditta' e il feeling con il M5S: "Io i 5 stelle li ho sconfitti due volte, imparassero a sconfiggerli pure loro quelli che mi accusano di questo. Piantiamola con le caricature, io non le faccio sugli altri. Perché altrimenti è come la fine di War Games: fine del gioco". E poi: "Non serve un generico spostamento del Pd più a sinistra, una geometria delle alleanze, serve una collocazione dei democratici italiani che guardi al futuro".

Zingaretti ha 'convinto' Francesco Boccia, che dal palco della Convenzione ha annunciato il suo appoggio per lui. Degli altri candidati esclusi dalla seconda fase, Dario Corallo ha mantenuto la sua linea ("continueremo a lottare dentro e fuori il partito"), mentre Maria Saladino ha confermato il suo 'endorsement' per Martina.

L'ex segretario ha puntato molto sull'unità: "La nostra mozione vuole unire e se tocca a me farò una segreteria unitaria", ha spiegato. "I miei avversari sono Di Maio, Salvini e il governo", ha puntualizzato lanciando la proposta di una mozione di sfiducia al ministro dell'Interno per il ministro dell'Interno. A 'spingere', invece, è stato soprattutto Giachetti, proponendosi come 'competitor' diretto di Zingaretti: "Una mozione che dentro ha tutto e il contrario di tutto, in cui c'è Minniti e chi considera Minniti uno schiavista, è un problema che non riguarda me", ha spiegato alludendo alla mozione del governatore del Lazio. "Dico a Gentiloni, Franceschini, Minniti, Madia e tutti gli altri: noi vogliamo andare avanti nella strada che voi avete tracciato, quella che la mozione che appoggiate vuole cancellare", ha aggiunto.