Di Maio killer della stampa libera, esulta per i tagli all'editoria: «Fatto»
Il fondo non si cancella, ma l'emendamento farà chiudere centinaia di giornali e perdere migliaia di posti di lavoro
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Ven 21 Dicembre 2018 16:49
ROMA. «Taglio fondi all'editoria, fatto». Lo ha detto il vicepremier e ministro dello sviluppo economico Luigi Di Maio elencando in un video su Facebook tutte le misure «portate a casa» con la legge di bilancio. Annunica così, compiaciuto e soddisfatto, il ministro del Lavoro la morte di centinaia di giornali e la perdita di migliaia di posti di lavoro. Un attacco mai sferrato prima all’informazione libera in Italia. «Tagliamo i fondi all'editoria», ha detto Di Maio, ricordando «il V2 day del 25 aprile 2008: in piazza per chiedere l'indipendenza della stampa, della funzione sociale importante della stampa e dell'editoria, togliendogli i soldi pubblici in modo che una testata non debba dipendere dall'emendamento di Governo».
Di Maio mente due volte. Sa benissimo che il fondo per il pluralismo dell’informazione serve a giornali che non possono resistere da soli sul mercato. Secondo aspetto, quei soldi non verranno tagliati: il quinto articolo dell’emendamento, infatti, stabilisce che i soldi restano nella disponibilità della presidenza del Consiglio che con dei decreti può utilizzarli per favorire il pluralismo dell’informazione. Il disegno è questo: fare fuori tantissimi giornali che adesso rappresentano delle voci libere sui territori e farlo subito.
Da contraltare alle sciocchezze che dice il ministrello di Pomigliano, ci sono quelle del vicepremier della Lega, Matteo Salvini, che utilizza il più demagogico degli argomenti: «Parte dei contributi che oggi il governo eroga ai giornali dovrebbe essere utilizzata per chi è in difficoltà economica», ha detto Matteo Salvini parlando a “Radio Anch'io”. Salvini ha sottolineato che «nel momento in cui si chiedono sacrifici agli italiani» ci sono «130 milioni di euro dei cittadini che faticano a tirare fino a fine mese che si danno ogni anno ai giornali». Altra menzogna, perché il fondo per il pluralismo sul quale si interviene con l’emendamento killer, prevede una spesa di poco superiore ai 50 milioni di euro. Ma rivela le sue reali intenzioni, cioè quelle di mettere a tacere le voci che gli danno fastidio quando dice: «Io speso che abbia lunghissima vita, ma se Avvenire, tanto per fare un esempio, che è il giornale dei Vescovi, prende 6 milioni di contributi pubblici dai cittadini italiani, penso che una parte di quei soldi possano essere spesi per chi è davvero in difficoltà, o sbaglio?».
La replica del direttore dei Avvenire Marco Tarquinio non si fa attendere: «C'è qualche politico che ieri come oggi non sopporta che ci sia una libera stampa in questo Paese. Un ministro dell'Interno cosi' sollecito nei confronti delle persone in disagio economico potrebbe magari dare il buon esempio cominciando con la restituzione immediata dei 49 milioni di euro».
A tentare di gettare acqua sul fuoco, ma senza riuscirci, è il sottosegretario leghista alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti che in merito ai tagli all'Editoria diche che «la volontà espressa dal M5S sul tema è tale per cui il percorso andrà avanti, con che tipo di velocità è da discutere. Noi siamo affinché la riduzione del fondo dell'Editoria sia fatta in tempi ragionevoli ma senza causare sconquassi – aggiunge – non penso che dare fondi all'Editoria equivalga a libertà di informazione ma quando si interviene ci vuole buonsenso per non compromettere la sopravvivenza di alcune realtà informative che dovranno riorganizzarsi».
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