ROMA. «Non tenendo in alcun conto il parere delle commissioni Lavoro sul decreto attuativo del Jobs Act relativo al contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti e ai licenziamenti collettivi il Governo ha preso in giro il Parlamento, umiliando deputati e senatori che in queste settimane si sono impegnati per migliorare il testo dell'esecutivo e per renderlo coerente con gli indirizzi della originaria legge delega: un atteggiamento ingiustificato e ingiustificabile». Il giorno dopo l'approvazione dei decreti attuativi del Jobs Act nel Pd esplode la  rivolta contro il premier, Matteo Renzi. All'attacco va soprattutto la minoranza Dem: «In una legge delega il Parlamento trasferisce la funzione legislativa al Governo. Il passaggio del parere delle commissioni competenti di Camera e Senato non è, dunque, un atto meramente formale, a maggior ragione se è approvato all'unanimità», attaccano in una nota i senatori Pd, Federico Fornaro, Maria Cecilia Guerra e Carlo Pegorer. Anche Sel attacca pesantemente l'operato del Governo «Questa è una controriforma - tuona il leader, Nichi Vendola - Conferma, nonostante la volontà contraria del Parlamento, i licenziamenti collettivi. Non chiarisce quali siano le risorse utili ad alimentare gli ammortizzatori sociali, conferma la sparizione dell'art. 18, sparisce il diritto al lavoro e avanza il diritto al licenziamento, restano 45 contratti atipici su 47». E Stefano Fassina, della minoranza Pd, accusa: «Si è tornati agli anni Cinquanta - ha detto Fassina parlando a margine dell'assemblea nazionale di Sinistra dem - . La propaganda di Renzi prende in giro i precari e procura un danno ai lavoratori». Durisima anche la presidente della Camera, Laura Boldrini: «L'idea di avere un uomo solo al potere contro tutti e in barba a tutto a me non piace, perché non rispetta l'idea di democrazia».