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Affossato il Sud, l’economia vola al Nord

Opinionista: 

L’economia migliora nel Nord Italia grazie a finanziamenti statali senza precedenti, il Governo concentra tutti gli investimenti sopra Roma, ecco spiegata la rabbia del Sud, trattato come una colonia. Gli analisti della Banca d'Italia rilevano un aumento del 3,5% del reddito medio equivalente delle famiglie nel 2016, una buona notizia visto che dal 2006 invece era in caduta libera. Però siamo ancora lontani dell'11% dal picco dei livelli precrisi. Inoltre il ritorno della crescita non beneficia tutti: è aumentata la disuguaglianza, il Mezzogiorno è dimenticato dalle politiche governative e da quelle di tutte le società pubbliche (Anas, Ferrovie, Eni, Enel investono solo al Nord, sono le direttive di Renzi e poi Gentiloni, con la benedizione della Lega) tornata in prossimità dei livelli prevalenti alla fine degli anni '90, e aumenta anche la quota di persone a rischio povertà: si arriva al 23%, un record. Le maggiori difficoltà sono nel Mezzogiorno. Gli squilibri riguardano anche la ricchezza: aumentano le famiglie del Sud indebitate, insomma uno Stato che punisce Napoli e le regioni meridionali. Il reddito. Il reddito annuo familiare risulta pari a 30.700 euro, al netto delle imposte sul reddito e dei contributi sociali. Ma nel Sud è la metà, grazie soprattutto all'enorme spesa pubblica nella Padania. Asili nido, sanità, leggi speciali: tutto è concentrato al Nord. È in linea con la precedente indagine, mentre a crescere in modo più consistente per la prima volta dall'esplosione della crisi è il reddito medio equivalente, che però delinea una Italia spaccata, dove il Sud è in condizioni comatose. Cresce anche la quota di famiglie che dichiarano di essere riuscite a risparmiare, anche se questo succede solo nella Padania. Ma «la crescita del reddito equivalente reale non è stata uniforme tra gruppi socio-demografici», sottolinea la Banca d'Italia: va meglio alle famiglie con lavoratori dipendenti e pensionati, continua a cadere il reddito degli autonomi. Cresce la disuguaglianza. Soprattutto, l'«indagine sui bilanci delle famiglie italiane» rileva una crescita consistente della disuguaglianza e delle persone con reddito equivalente inferiore al 60% di quello mediano, la soglia usata per individuare il rischio di povertà (che nel 2016 corrisponde a entrate per circa 830 euro mensili) colpisce i meridionali. Si può dire che la povertà è un problema del Mezzogiorno. Negli ultimi dieci anni, ricorda la Banca d'Italia, il livello di disuguaglianza misurato dall'indice di Gini è aumentato di 1,5 punti percentuali. Inutile dire che il 90% dei poveri è nelle regioni meridionali, da qui la grande rabbia contro le politiche governative sfociate nel voto del 4 marzo. Disparità anche nella ricchezza. Le disuguaglianze si riscontrano anche nella ricchezza, non solo nei redditi: la ricchezza media delle famiglie corrisponde a circa 206.000 euro, ma il valore mediano è di gran lunga inferiore, 126.000, per via della grande asimmetria nella distribuzione. Il 30% più povero delle famiglie detiene appena l'1% della ricchezza nazionale; tre quarti di queste famiglie sono anche a rischio povertà e sono tutte concentrate nel Mezzogiorno, l'eliminazione dell'Imu alle famiglie ricche è stato un regalo alle famiglie del Nord. Mentre il 30% delle famiglie più ricche detiene invece circa il 75% del patrimonio netto degli italiani, con una ricchezza netta media pari a 510.000 euro. Di questo 30 per cento quasi il 90% è al Nord. Peraltro oltre il 40% di questa quota è detenuta dal 5% più ricco, che ha un patrimonio netto in media pari a 1,3 milioni di euro. La casa e le attività finanziarie. Gli immobili di proprietà sono ancora lo zoccolo duro della ricchezza degli italiani (è proprietario della casa in cui vive il 70% delle famiglie). Il loro valore in media è diminuito del 7% rispetto al 2014 e del 23% rispetto al 2006. Sale invece la quota delle famiglie che detengono attività finanziarie: anche qui, c'è un forte squilibrio nella distribuzione, al Sud il deserto, altrove siamo con standard tedeschi. Cala il debito al consumo. Non cambia la quota di italiani indebitati con un mutuo, mentre si riduce il debito al consumo, ma solo nelle famiglie con capofamiglia di oltre 45 anni. Nel 2016 è indebitato con un mutuo immobiliare il 28% delle famiglie, con una rata media di 7.300 euro che incide sul reddito per il 14%. L'11% delle famiglie indebitate è vulnerabile, deve pagare cioè una rata superiore al 30% del proprio reddito, inutile dire che tali famiglie si concentrano in due regioni, Sicilia e Campania.