Campania: boom dei Musei malgrado l’Art Bonus Nord
Nel triennio 2014-2016, per la prima volta, i musei della Campania hanno superato per visitatori e incassi quelli della Toscana. La regione si colloca così al secondo posto dopo il Lazio. Merito anche delle performance registrate da realtà come il Museo di Capodimonte, la Reggia di Caserta, il Parco Archeologico di Paestum, il Museo Archeologico Nazionale, gli Scavi di Pompei, a tre anni dalla riforma che ha trasformato le realtà museali in persone giuridiche. In Campania, insomma, i vari Bellenger, Felicori, Zuchtriegel, Giulierini e Osanna hanno dimostrato di saperci fare: guidando con criteri manageriali le strutture affidategli; valorizzandone l’immagine e promuovendola; sviluppando iniziative di merchandising; riuscendo perfino, come nel caso del Mann, a organizzare con le proprie opere, in un solo anno, una trentina di mostre all’estero. La buona amministrazione accoppiata alla salvaguardia dell’opera d’arte. La fruizione del bene culturale, senza danni per le opere e per il contesto in cui sono esibite. Anzi, il contrario, come sta dimostrando Bellenger a Capodimonte, dove, oltre al museo, sta nascendo a nuova vita anche il parco boschivo. Il successo della nuova governance campana dei musei dimostra che anche nella regione, come del resto nell’intero Sud, si può cambiare. Che l’inerzia e il degrado possono lasciare il posto alla creatività e allo spirito d’intraprendenza. Può accadere, perché no?, anche nella conduzione degli enti locali in Campania, dove un recente rapporto del Consiglio nazionale dell’Ordine dei commercialisti e della Fondazione nazionale dei commercialisti ci dice, ahimé!, che ben 33 enti sono in dissesto e altri 20 in pre-dissesto. Nulla è segnato inesorabilmente in secula seculorum, basta volere fermamente dare un taglio al passato. Ma bisogna capire se questa svolta deve essere considerata un affare locale o interessa a tutto il Paese. I dati sull’art bonus, l’incentivo consistente in un credito di imposta, pari al 65% dell’importo donato, per chi effettui erogazioni liberali a sostegno del patrimonio culturale pubblico italiano, segnalano che meno del 2% dei circa 200 milioni raccolti da privati è affluito al Sud. Malgrado diversi dei mecenati fossero grandi gruppi industriali operanti in tutto il Paese. Così, ad esempio, ai 53,6 milioni della Scala, ha fatto pendant il milione scarso racimolato dal San Carlo. E il Museo Archeologico Nazionale ha avuto in donazione la “bellezza” di cento euro. Siamo giunti alla discriminazione territoriale delle opere d’arte.