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Dalla crisi greca veleni per l’Italia

Opinionista: 

Anche se i riflettori sembrano temporaneamente spegnersi sulla crisi greca, non possiamo fare a meno di chiederci quali ne saranno le conseguenze per il nostro paese. La domanda prescinde dagli aspetti strettamente economici che hanno, certo, una fondamentale importanza, ma per i quali riteniamo sia giusto lasciare la parola agli esperti. Ci preme, invece, soffermare la nostra attenzione sugli aspetti più propriamente politici di questo “affaire” che ha scosso l’Europa dalle fondamenta e che non può, quindi, non influire direttamente anche sugli equilibri politici italiani. Per un’analisi di questo tipo non si può prescindere da un dato che i fatti degli ultimi mesi hanno messo in chiara evidenza. È fuor di dubbio che esistano pesanti responsabilità della classe dirigente, che da molti anni a questa parte ha governato la Grecia, nell’aver portato il proprio paese alle disastrose condizioni attuali. Ma è altrettanto fuor di dubbio che su questa disastrosa situazione abbia fatto leva la Germania per affermare la propria egemonia all’interno dell’Unione europea. È stato Wolfgang Schäuble, il potente ministro delle Finanze tedesco, a tessere la tela di un progetto volto a dare all’Europa i connotati di una Unione a guida tedesca. I prossimi mesi diranno se e fino a qual punto il progetto ha avuto successo. Ma resta il fatto che, dopo quanto è accaduto, non è più possibile far finta di nulla perché l’Europa, così come la Germania sembra concepirla, non ha assolutamente nulla a che vedere con quella alla quale i suoi padri fondatori credettero di dar vita. Ed è qui che il problema creato dalla vicenda greca ci coinvolge direttamente con un enorme carico di veleni. È evidente, infatti, che la prospettiva di un’Europa affidata ad una governance tedesca, darebbe fiato e vigore in tutto il Continente, a quelle forze populiste che contestano l’Unione europea e fanno della lotta all’euro il loro principale cavallo di battaglia. In Italia queste forze si riconoscono soprattutto nella Lega di Matteo Salvini e nel Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo; due formazioni politiche dotate di una straordinaria abilità nell’interpretare gli umori meno nobili della pubblica opinione e, in particolare, di quella parte che si colloca su una linea di generale contestazione. È chiaro che se a costoro dovessero aggiungersi quanti, anche in formazioni politiche più moderate, non sono disposti ad accettare supinamente il predominio tedesco in ambito europeo, ciò comporterebbe una radicale mutazione della geografia politica del nostro paese. L’opinione pubblica tedesca pone un’alternativa: «O gli altri popoli europei accettano la nostra leadership o meglio, molto meglio, far da soli, insieme magari con quegli Stati satelliti che hanno già fatto mostra di esser sempre pronti a dire “signorsì” ai nostri diktat. Siamo i migliori, i più ricchi, i più efficienti. Perché dobbiamo trascinarci dietro tutti questi Stati straccioni?». Per contro, nella radicata convinzione di esser stati gravemente danneggiati dall’euro e dall’insofferenza per la leadership tedesca, gli italiani, a detta dei sondaggi, sono, Germania a parte, il paese nel quale più elevato è il numero dei cosiddetti euroscettici. Sul fuoco di questi stati d’animo, di questi umori solo apparentemente contraddittori, la crisi greca ha gettato abbondante benzina sul fuoco. Da un lato ha convinto sempre più i tedeschi che è meglio esser soli che male accompagnati, dall’altro ha acuito il rigetto italiano per un modello europeo come l’attuale, di stampo germanico. La questione non è di poco conto e potrebbe diventare centrale, per il nostro paese, già nelle settimane a venire. Occorre una classe dirigente in grado di affrontarla e dubitiamo che Matteo Renzi possa farlo senza il sostegno delle migliori energie di cui il nostro paese dispone. Avrà il coraggio e l’intelligenza di capirlo o rimarrà vittima della sindrome dell’“uomo solo al comando”?