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Via dalla crisi in tre mosse

Opinionista: 

Basta piagnistei. Uscire dalla crisi si può. E la notizia è che non occorre la rivoluzione. Ma la volontà politica di fare alcune cose semplici e chiare. Anzitutto va sgombrato il campo dalla falsità che chiunque governerà potrà fare poco «perché non ci sono soldi». Questa balla colossale va smascherata. Una volta per tutte. Semmai il problema è il contrario. Di soldi in giro continuano ad essercene talmente tanti che noi persistiamo a buttarli regolarmente lì dove li abbiamo sempre gettati: nello sciacquone della spesa pubblica improduttiva e clientelare. I numeri parlano chiaro. Prendete gli ultimi tre anni del governo Renzi e fatevi due conti: 30 miliardi per gli 80 euro; 20 miliardi per gli incentivi del Jobs Act; 13 da quest’anno al 2020 per industria 4.0 che in buona parte andranno ad ingrassare clientes e finanziare truffe, come la storia recente e meno recente degli incentivi statali in Italia dimostra); 300 milioni per il bonus ai diciottenni più un’incredibile sequela di mance, mancette, marchette e provvidenze varie piovute negli ultimi anni. Una massa di denari enorme. Uno sforzo titanico - soprattutto se pensiamo che è stato fatto da una Nazione super indebitata e in regime di mitica austerità Ue - di fronte al quale ci si chiede come sia stato possibile sprecare così tanti soldi nostri per raggiungere risultati così modesti. Certo, tutto è stato fatto «per il Paese». Ci mancherebbe. Ripartiranno i consumi, gli investimenti, l’occupazione e il credito, ci avevano raccontato. Dopo 3 anni, invece, i risultati sono impietosi: siamo e restiamo ultimissimi in Europa. In termini di Pil riusciamo a fare finanche peggio della Grecia. Un disastro. Ma da questa catastrofe si può risorgere. Ecco come. Chi si propone di governare annunci che nei primi 100 giorni abolirà tutte le leggi di spesa del governo Renzi e che le risorse così risparmiate saranno utilizzate per un radicale taglio delle tasse di uguale importo. Anche qui, vediamo i numeri. Si tratta di 63,3 miliardi in 3 anni a cui andrebbe aggiunto il taglio di appena l’1% della spesa pubblica (8,3 miliardi circa). Stiamo parlando di un piano di riduzione delle tasse per oltre 70 miliardi nel prossimo triennio. Una roba colossale. Questo taglio andrebbe equamente diviso tra famiglie e imprese. A questa mossa ne andrebbe affiancata contemporaneamente un’altra: un’operazione patrimonio contro debito per abbattere il debito pubblico di 3-400 miliardi in 5 anni. Non attraverso la svendita del nostro patrimonio immobiliare, ma con la finanziarizzazione di una sua parte. Ci sono autorevoli studi di altrettanto autorevoli economisti, che in modo molto serio evidenziano come questa soluzione sia possibile. Un piano siffatto avrebbe l'effetto immediato di rimettere in circolo la fiducia, creare le condizioni per nuovi investimenti privati nazionali e stranieri, ridare respiro alle famiglie, consentire alle imprese di tornare a produrre e assumere. Inoltre, il solo annuncio che l'Italia ha deciso di tagliare radicalmente il proprio debito con un piano credibile farebbe cessare i dubbi sulla nostra stabilità, con conseguente calo delle tensioni sul debito. Questo renderebbe più facile il finanziamento delle imprese con ricadute positive anche sul sistema bancario. Chi propone oggi tutto questo? Nessuno. Eppure è un piano immediatamente attuabile. Risorse e coperture sono già a bilancio. Il primo che s’impegnerà su un programma di salvezza nazionale semplice e concreto come questo, per liberarci dai bubboni che ci stanno divorando, vincerà. Altro che congressi, polizze e scissioni.