Ecco come Renzi prepara la rivincita
Dice un vecchio proverbio turco che “la pazienza è la chiave per entrare in paradiso”. Matteo Renzi deve averlo imparato a memoria e ora è proprio alla pazienza che sembra far ricorso nel tessere la tela di quella che dovrebbe essere, dopo non poche batoste, la sua rivincita nelle elezioni politiche della prossima primavera. Preludio del piano del segretario del Pd è il varo della legge elettorale che, valorizzando le coalizioni, dovrebbe impedire al Movimento Cinquestelle di ottenere una maggioranza tale da fargli conquistare la guida dell’esecutivo. Un obiettivo, questo, che il Pd condivide con il centro-destra e che spiega l’accordo raggiunto tra i due schieramenti per l’approvazione della nuova normativa. Dicono in molti che tale accordo potrebbe essere premessa di un’altra intesa: quella da realizzare dopo le elezioni per assicurare un governo al paese. Sappiamo bene – e ancor meglio di noi lo sanno i diretti interessati – che un accordo tra forze così profondamente alternative presenterebbe non pochi inconvenienti, primo fra tutti quello di alimentare forti dissensi all’interno dell’uno e dell’altro fronte e quello di avere effetti paralizzanti nell’attività del costituendo governo di coalizione. Ma il nostro sistema politico, articolato tra tre forze – centro-sinistra, centro-destra e Cinquestelle – di consistenza pressoché analoga, è tale da rendere inevitabile, per garantire la governabilità del paese, un’alleanza tra schieramenti contrapposti. È, in parte, quel che è accaduto in passato in Germania con la “grosse Koalition” tra l’Unione cristiano democratica e i socialdemocratici. Anche se, per evidenti ragioni elettoralistiche, sia da parte del centro- destra, sia da parte del centrosinistra, una simile eventualità viene negata, è assai probabile che essa debba, obtorto collo, verificarsi. Lo sa Renzi, lo sanno Berlusconi e Salvini. Ma, nel caso di un’alleanza tra centro-destra e centro-sinistra, a chi spetterà la guida del governo? La risposta è semplice: allo schieramento che otterrà il maggior numero di voti che, al momento, stando ai sondaggi dovrebbe essere il centro-destra. Tutto questo Renzi lo sa bene. Ecco, allora, scattare il suo piano per mantenere al Pd la presidenza del Consiglio dopo il voto. Si tratta, in realtà, di un piano molto semplice il cui obiettivo è quello di aggregare la maggior parte delle componenti dell’intricatissimo arcipelago della sinistra. Scontato il no all’alleanza con il Movimento di Bersani, D’Alema e Speranza, pronti a svolgere il ruolo di “utili idioti” di Berlusconi e Salvini pur di non favorire l’odiato Renzi, il segretario “dem” si è mosso con tempestività ottenendo, in breve tempo, almeno tre risultati: ha seminato lo scompiglio tra i dalemian-bersaniani tra i quali non tutti sembrano disposti ad assecondare i rancori dei loro leader; ha sganciato dal Mdp Giuliano Pisapia che, sia pure con le sue abituali incertezze, ha tenuto a sottolineare, in polemica con Roberto Speranza, che la sua “missione” è volta ad unire la sinistra, non a dividerla; ha, infine – ed è forse questo il risultato più importante – ricucito lo strappo con Romano Prodi il cui prestigio, a sinistra, è tuttora intatto. Per raggiungere il suo scopo Renzi sembra anche disposto a compiere quello che, conoscendolo, costituisce per lui un enorme sacrificio: rinunciare alla presidenza del Consiglio in favore di Paolo Gentiloni che si è sempre dimostrato fedele alle indicazioni del partito, ha guidato con equilibrio l’esecutivo conseguendo risultati positivi in particolare in campo economico ed è privo di quelle spigolosità che potrebbero determinare attriti con gli alleati. Renzi, insomma, sembra essersi reso conto che la sua rivincita comporta qualche sacrificio. Ed è disposto a farlo.