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Ecco tutte le malefatte alla Mostra d’Oltremare

Opinionista: 

La proposta di trasformare la Mostra d’Oltremare in un rione aperto alla fruizione quotidiana dei napoletani e dei turisti si basa non solo sul fallimento delle “enclavi” (per decenni democristiana, brevemente berlusconiana e lungamente diessina) ma anche e soprattutto sulle “malefatte”, commesse dai vari amministratori che si sono succeduti dal 1954 fino ad oggi. 1) Hanno svenduto suoli per oltre 10 ettari (poco meno dei 12 ettari della Villa comunale) sui quali sono stati costruiti (dopo la scellerata demolizione di molti padiglioni degli anni ’40 nella indifferenza della Soprintendenza e del mondo culturale cittadino) la sede della Rai, il centro meccanografico del Banco di Napoli, il bowling, molti edifici scolastici, distributori di carburanti e grandi magazzini commerciali (le costruzioni sulla via Miano-Agnano hanno causato il danno irreparabile della cancellazione di gran parte dell’area archeologica scoperta nel ’40 da Amedeo Maiuri). 2) È andato distrutto lo stupendo complesso dell’Africa Orientale Italiana con i padiglioni dell’Eritrea, della Somalia e dell’Abissinia (restano in piedi, ma in condizioni di scandaloso degrado, la chiesa Copta e il castello di Fasilidas). 3) Sono state demolite le Serre botaniche, annoverate tra le migliori opere dell’architettura moderna europea, per far posto ad alcuni containers destinati agli sfollati del terremoto del 23 novembre ’80 (invano il mondo culturale, politico, imprenditoriale e giornalistico cittadino ne sollecita dal 24 maggio 2004 la necessaria ricostruzione). 4) È stato addossato al padiglione dell’ex America Latina un grossolano capannone per esposizioni, che ha distrutto la stupenda araucaria che adornava il giardino antistante il dignitoso palazzo degli Uffici (trasformato in un albergo con una avventata e non condivisa decisione). 5) Molti padiglioni sono stati ceduti in fitto, a canoni irrisori quando non addirittura gratis, all’Università, all’Isef, all’Isve, alla federazione napoletana del PdS e a una concessionaria d’auto che, manco a dirlo, hanno causato notevoli danni al patrimonio storico-artistico della Mostra. 6) È stata demolita la piscina olimpionica con l’intento di coprirla con una struttura in ferro e vetro, e solo la protesta di un gruppo di noi (Maurizio Valenzi, Bruno Zevi, Renato De Fusco, Nino Daniele, Giancarlo Cosenza, Nicola Pagliara, Aldo Loris Rossi, Giulio Pane e altri) è riuscita a impedire un altro scempio (la sua pur lodevole ricostruzione non è esente dalle critiche che non abbiamo mancato di esprimere). 7) L’Arena Flegrea degli anni ’40 e ’50 è stata demolita senza alcuna ragione per costruire al suo posto uno sgraziato spazio all’aperto, sul cui frontone non sono stati rimessi i preziosi mosaici del Maestro Fabbricatore perché misteriosamente scomparsi (su mia denuncia la Procura della Repubblica sta indagando per individuare i responsabili e perseguirli per il reato di distruzione di un bene pubblico). 8) Il Teatro Mediterraneo, dopo decenni di vergognoso abbandono, è stato restaurato nel 1997 ma da allora non è inserito nel circuito teatrale per ragioni mai spiegate (la Corte dei Conti ha rilevato in una relazione del 5 giugno “fattispecie di danno arrecato al patrimonio dell’Ente in conseguenza di atti gestori illegittimi” con riferimento proprio ai lavori eseguiti al Teatro Mediterraneo e all’Arena Flegrea). 9) Per cinquant’anni il patrimonio arboreo, vanto della città al pari dell’orto botanico borbonico di via Foria, e la stupenda fontana dell’Esedra, unica al mondo, sono stati abbandonati, col rischio di comprometterne l’esistenza in modo irreparabile (scongiurato appena in tempo dal presidente Cercola). 10) Le “enclavi” arancioni, volute dal sindaco de Magistris, si sono dimostrate incapaci di definire una nuova “mission” della Mostra e si sono distinte per due idee “bislacche”: a) farne “un’isola mediterranea… sexy” (finita miseramente nel nulla); b) restaurare un padiglione “monumentale” che non esiste, quello della Libia degli anni ’40 (un’idea astrusa di cui ho scritto tutto il male che merita). Sarebbe perciò un errore imperdonabile non trasformare in un meraviglioso rione cittadino questo grandioso complesso architettonico. Meritevole di essere inserito nel patrimonio Unesco dell’umanità.