Follia paranoica e giustizia assediata
Il folle gesto di un perdente abituale, di un truffatore cronico "ferito nell'onore", porta ancora una volta alla ribalta della cronaca la fragilità psichica di coloro, e sono tantissimi, che di fronte alle avversità della vita, alla falsa consapevolezza di un proprio successo esistenziale costruito sulla sabbia del nulla, sulla polvere chimerica di itinerari di dubbia consistenza, non sanno fare altro che incolpare altri, nemici, fantasmi della propria immaginazione schizofrenica, del proprio fallimento, della propria stupida vanità eletta a regola comportamentale. È questa, a nostro modesto avviso, la principale chiave di lettura da usare per comprendere l'incomprensibile, per capire senza mai accettare l'inaccettabile, e sperare di arginare un fenomeno sociale tristissimo, che in nome di una erronea giustizia, ha visto l'uso abnorme di una cieca violenza, prima contro se stessi - la serie incredibile di suicidi per incapacità a gestire un fallimento o una bancarotta - e ora esitato nel tragico epilogo al Tribunale di Milano. Anche se questa tematica meriterebbe una decina di cartelle e non la crasi di questo nostro Brevilinea, come direbbe un nostro affettuoso amico, alcune brevi riflessioni vanno comunque enunciate. Scrivere fiumi di parole per evocare un proditorio attacco alla Magistratura sembra onestamente esagerato, e credo che chiunque voglia addentrarsi in questo labirinto dialettico non apporterebbe alcun profitto alla giusta causa ed ai timori insopiti di giudici e procuratori, perchè esasperarebbe soltanto uno stato obiettivo di disagio, vissuto al contempo da una stragrande parte dell'opinione pubblica, e ormai vicino ad un pericoloso punto di non ritorno, considerata l'eccessiva vis polemica di un dibattito politico strumentale e partigiano, e i tentativi, spesso ingenui e incomprensibili, di una strenua difesa di casta da parte di alcuni ambienti della magistratura. Bene ha detto il Presidente Mattarella, quando ha ammonito sulla crescente cultura del discredito sui magistrati, precisando che "ai servitori dello Stato va assicurato il massimo possibile della sicurezza", ed è questo il punto nodale, la dovuta sicurezza, la garanzia del libero esercizio di un servizio allo Stato, quindi ai cittadini che ne sono la composizione organico ed ineludibile. Dando per scontata l'inammissibile leggerezza nei controlli all'interno dei nostri palazzi di giustizia, dove brulicano senza motivo apparente, oltre agli addetti ai lavori, un sottobosco di personaggi ambigui, testimoni prezzolati, "spicciafacenno" che promettono velocizzazioni strane del legale itinere delle pratiche tribunalizie, la tragedia di ieri rientra in quella che definirei l'insostenibile sfacelo etico della nostra società e la vuota escalation della confusione dei ruoli nei poteri dello Stato. E fanno un certo effetto disorientante le parole di Gherardo Colombo, che a mio avviso adombrano in modo forzato il tentativo di martirizzare i magistrati, come se non bastassero gli esempi drammatici di Falcone, Borsellino e tantissimi altri. Uscito dalla magistratura, Colombo ha scritto un interessante saggio "Sulle Regole", e fra l'altro tracciava una corretta dicotomia fra il concetto di giustizia e l'amministrazione della giustizia, delineando in modo etimologico l'ambiguità del concetto della parola stessa: "la giustizia non può funzionare se il rapporto tra i cittadini e le regole è malato, sofferto, segnato dall'incomunicabilità". Ora quel perdente omicida non è da collocare fra costoro, è solo uno spostato che avrebbe potuto attuare il suo insano gesto altrove, ma il suo ego vanitoso e paranoico ha chiesto ed ottenuto un palcoscenico degno della sua follia...anche perchè lucido nella valutazione delle crepe della sicurezza. Altro discorso è l'assedio costante alla magistratura, e tutto il commentario di questi giorni. Nei protocolli strategici della guerra, l'assedio è il risultato di due componenti precise, l'assediante e l'assediato, e quasi sempre entrambe le posizioni sono espressione di una scelta motivata da ambedue i contendenti, dalle rispettive valutazioni di massimo vantaggio del proprio deterrente bellico: la magistratura è assediata per scelta tattica e vocazione mistica. Perchè il cittadino medio e disorientato è costretto ad assistere troppo spesso ad un incomprensibile travaso osmotico fra magistratura e politica, all'uso personale e mediatico, troppo sovraesposto di alcuni protagonisti tribunalizi, che ad arte lasciano trapelare verità ancora da verificare, abusi di opinioni personali su persone che ancora sono in attesa di giudizio? Perchè, come ha detto il giudice del caso Meredith, e come lascia intendere Colombo, l'amministrazione della giustizia è troppo legata a convincimenti non univoci e a giudizi che, in alcuni casi, definire arbitrari sembra pleonastico? A Milano sono state uccise tre persone degnissime, che per inciso erano anche servitori dello Stato, come tanti morti ammazzati nel tempo, ma cerchiamo di essere attenti agli illusori alibi mediatici: non cerchiamo di sostituire alla cultura del discredito quella del martirio, perchè di fronte alla Legge tutti i cittadini sono uguali, anche se le regole sono perfettibili, e di questo bisogna dibattere.