I “Sei personaggi in cerca d’autore”
Prendiamo il prestito da Pirandello, perché ci intriga come titolo del nostro commento. Sul palcoscenico Italia un confuso direttore-capocomico tenta di dirigere questo dramma dei nostri tempi. Sembra un canovaccio già scritto, i fondi di scena sono evanescenti o addirittura assenti o paraventano realtà oniriche di un Paese allo sbando sociale ed identitario. Lo spettacolo si sta consumando dinanzi un pubblico attonito che stenta a comprendere cosa riserva il futuro: partigianerie e falsi idealismi smuovono l'animo della piazza, come una rumorosa claque in fondo al teatro, dilaniata da dubbi e rancori. I sei personaggi: Conte, premier dimezzato - Di Maio, chierico saputello - Salvini, falso statista - Landini, Cipputi immaginario - Pd (personaggio astratto), deserto rosso - Magistratura (personaggio astratto), costante chiaroscura. Trama. In un paese, appendice frastagliata e terremotata di una Europa senza un ideale comune, sconvolto da cataclismi politici, incertezze legislative e balbettii giudiziari, preda dei guai lasciati in eredità da pseudostatisti di destra e sinistra, si affacciano sei personaggi fisici e astratti al tempo stesso, ignoranti del ruolo, che promettono una nuova era, equità assistenziale, autonomia economica dal centralismo tirannico del "palazzo", certezza della pena per i "cattivi". Il pubblico s'infervora, partecipa attivamente allo sviluppo rappresentativo, la finzione scenica diventa surreale, gli scenari e i fondali si dischiudono mostrando orizzonti virtuali, le code al "botteghino del reddito di cittadinanza" sono impressionanti, mentre ombre furtive transumano dall'abitacolo di lussuose auto, per bussare al camerino del capocomico e pretendere garanzie, terrorizzati dalle promesse balconare sul "tesoro che non c'è". L'azione, lenta e farraginosa, si snoda con scaramucce da avanspettacolo fra il chierico ignorante, disturbato da qualunquismi di populismo mercatale, alla ricerca costante del colpo ad effetto e del congiuntivo perduto, ed il falso statista, quello che ogni padre vorrebbe come guardia del corpo virginale della propria figlia, indifesa nelle notti truculente degli "uomini neri". Il premier dimezzato, intanto, si dimena fra una scena e l'altra ed agli scettici che fischiano in sala, presenta il suo curriculum taroccato, ricorda di essere un " uomo del sudd" con due "d", disperato e disoccupato! Si mostra nella sua boriosità, figura emblematica delle contraddizioni, di faciloneria manageriale con cui "crede di guidare" una nazione in dissesto economico ed idrogeologico. Abbozza il sorriso ammiccante di chi pensa di saperla lunga, ma raccoglie solo le briciole, spesso tossiche, che i due accoliti gli lasciano per strada. Il novello Cippùti, fresco di nomina consortile del sindacato disperso, lancia una nuova leva di proscrizione per riprendersi la piazza perduta, riappropriarsi dell'arma della disoccupazione, al grido de "i lavoratori siamo noi", mentre tace su decenni di indebiti emolumenti, bonus e voci varie che hanno connotato le pensioni d'oro dei "sindacalisti dirigenti" e sulla connivenza di un movimento asservito e manovrato dai governi di sinistra. La trama del dramma procede incerta attraverso meandri inesplorati ed incomprensibili, ed il pubblico si domanda a quale titolo il Pd appaia sul palcoscenico, reclamando un ruolo di comprimario, dopo aver interpretato da tempo immemore quello di comparsa a cottimo, non a salario fisso, perché inadeguato e sopravvalutato. S'aggira in scena, acefalo e senza alcun punto di riferimento, devastato nel corpo e nell'anima. Il popolo forcaiolo esulta ed applaude. La magistratura fa il suo ingresso in ribalta, con incedere edittuale e paludato, persa negli "amarcord" dell'azione apodittica del triumvirato milanese, con tempistica da bradipo su reati presunti o reali e sogna l'avvento della repubblica di Platone. In effetti, ha sempre vegetato dietro le quinte, ha annuito con sussiego all'invito del potere politico, ha scelto di frequente i colori di campo, spesso a tinte forti, dimenticando che il "suo" dovesse essere rigorosamente "neutro". Come spesso avviene, il popolo crede nella sua azione salvifica e didattica sulla conclusione dell'opera, non riconoscendone la colpa avuta nella confusione istituzionale del paese. Il dramma è in scena, ogni personaggio infine ha trovato il suo ruolo, ma chi è l'autore?