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Il giornalismo urlato e la svolta di Mediaset

Opinionista: 

Si sale e si scende dal Colle senza particolari esiti. Il governo appare ancora un miraggio lontano e la sensazione iniziale è che, a questo punto, comunque vadano le cose, questa legislatura sia destinata a durare poco. Ecco che, quindi, ogni partito guarda sicuramente al presente ma l’occhio fugge necessariamente verso il prossimo futuro, verso una ulteriore competizione elettorale più che probabile, a scadenza più o meno breve. In questo senso, le prime mosse di Berlusconi, giocate all’interno di Mediaset, sono più che giustificate. Il repulisti giornalistico operato in poche ore con la concomitante esclusione di Paolo Del Debbio (non riconfermato), di Maurizio Belpietro (rimosso) e di Mario Giordano, la terna che più si è spinta verso il confine populista del Paese, è un segnale chiaro ed inequivocabile. Certo, al di là di ogni valutazione, nessuno oggi è disposto a far polemica. Mauro Crippa, il direttore generale dell’informazione di Mediaset, alza ovvie cortine fumogene, parla di nuovi progetti, di patti fiduciari, di aggiustamenti editoriali, di motivazioni legate al budget, anticipando che, per gli esclusi, ci saranno altre occasioni, altre trasmissioni, altre opportunità. Un dato reale. Ci sono contratti da rispettare, alcuni sono stati padri nobili dell’informazione del Biscione, nessuna ha voglia di aprire antipatici contenziosi. Ma la realtà è sotto gli occhi di tutti. Con le loro interviste urlate, col costante ricorso alla piazza esasperata, con i loro libri incandescenti, i tre hanno soffiato, per anni, nelle vele del populismo, costruendo quotidianamente programmi capaci di accendere la piazza. Dalle ricostruzioni agli ospiti in studio, dall’impostazione dei servizi alle interviste, tutto ha contribuito ad esasperare il disagio, l’invivibilità, la crisi reale del Paese. Un giornalismo d’assalto che, a più latitudini, ha portato l’ Italia verso il baratro. Meglio e più di ogni azione di governo. Uno sport nazionale che ha finito, paradossalmente, con gli anni, per contagiare molti giornalisti, quotidiani, magazine, tv e radio pubbliche e private, eternamente a caccia di un qualsiasi scoop, disponibili anche ad inventarlo pur di avere un minimo ritorno d’ immagine. Berlusconi, una volta tanto, dopo anni, ha avuto il coraggio di voltar pagina, di far capire che non esiste solo il giornalismo d’assalto ma anche quello d’inchiesta (leggi Report), più difficile da costruire ma, sicuramente, più al passo dei grandi media americani, che su questo versante possono dare lezioni a tutti. Un certo giornalismo di questi anni è stato, del resto, il terreno di coltura sul quale si è costruito il successo di forze politiche come Lega e 5Stelle e non è un caso che oggi il leader pentastellato, Luigi Di Maio, abbia espresso ampia solidarietà a Del Debbio e preoccupazione per la chiusura di “Quinta Colonna”. Una posizione che, a dire il vero, non ha ispirato altre forze politiche del Paese. Insomma, siamo ad una piccola svolta ? C’è, davvero, la possibilità che, rispetto al disastro politico che è sotto i nostri occhi, con la seria difficoltà di costruire un qualsiasi governo, con forze politiche slegate da ogni identità, un po' di stampa nazionale sappia fare autocritica, ripristinando accenti di giornalismo più seri e pacati? È un fenomeno che interessa tutti e che si muove necessariamente verso il solco di un Paese più serio, più consapevole, più europeo.