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Il legame sottovalutato fra cultura e politica

Opinionista: 

Avete mai considerato quanto possano incidere impreviste coincidenze sulle nostre scelte? "Unusquisque faber suae fortunae est", recita un'antica massima latina. Ciascuno è artefice della propria fortuna, ma quanta fdi questa è pura fatalità per quelle congiunzioni astrali, così care agli antichi, che ancora impressionano l'immaginario collettivo di questa società densa di continue repulsioni culturali? Già, caso o coincidenze che aprono il pensiero stanco a qualche ulteriore riflessione su questa instabile realtà italiana. Una scheda data in classe a mia figlia sulla relazione etimologica fra vocaboli latini e italiani sovrasta un intrigante articolo circa l'importanza del Liceo classico e del Latino, e i resoconti quotidiani sul penoso dilettantismo politico delle "eminenze grigie" del M5S e della Lega. L'occasione è ghiotta. Un'insegnante intelligente offre ai suoi alunni, all'ultimo anno di elementare, uno spunto meditativo sull'importanza della lingua latina nella nostra cultura; critici e fautori ne discertano l'attualità e la modernità, mentre gli epigoni politici di tale società offrono un esempio continuo della propria inadeguatezza. Tutto suona a conferma del paradigma antropologico di questi decenni tendenti alla decadenza d'idee, dal '68 ai giorni nostri, che indico da tempo nei miei commenti. Non so i vari De Maio e Salvini - ovviamente simbolici dei tanti M5S e Lega - quali scuole e quali titoli abbiano conseguito, e se abbiano studiato il Latino, ma non ha importanza, perché, se fosse così, sono stati pessimi studenti. La lingua latina, troppo frettolosamente etichettata, come il greco antico, lingua morta, rappresenta un "codice esistenziale", da apprendere, analizzare e metabolizzare, perché, d'accordo con il filologo Bettini, il suo studio, correlato al greco, può aprire una vista meravigliosa su un mondo che ci ha tramandato l'importanza del corretto e caleidoscopico uso della forza del pensiero. Quando si parla di caduta della Prima o Seconda Repubblica, si tende a sottovalutare il contemporaneo sfilacciamento di una cultura politica, intesa come bagaglio di conoscenza, come abitudine dialettica, sia interna che esterna ai partiti, come laboratorio d'idee e di programmi, in cui l'espressione "liquidità degli ideali" così cara ai commentari attuali, non aveva motivo d'essere coniata. Si è voluto, ad arte, criminalizzare la "professionalità" della politica. Alla dialettica dei contenuti ideali, anche nelle manifestazioni di piazza studentesche e operaie, agli aneliti di cambiamento dello Stato sociale, a volte con contestazioni violente e passionali, dopo il '68, si è virato sempre più verso un antagonismo muscolare e sanguinoso, dove gli estremismi ottusi e radicali hanno disconosciuto l'importanza della ragione. La lotta armata degli "anni di piombo" ha sancito l'inesorabile parabola discendente del confronto squisitamente politico, ed alla cecità di partiti storicamente popolari come Dc e Pci che hanno perso la propria matrice ideale a scapito della conquista del potere, si è contrapposto l'assenteismo elettorale verso una classe dirigente screditata, travolta da scandali di Stato. Le revisioni programmatiche pseudosocialiste hanno minato una cultura antica, forse ottocentesca, ma degna di migliori intenzioni riformatrici rispetto alla superficialità di quelle adottate, attuando un metodo di crescita democratica basata su falsi obiettivi economici e sull'esaltazione mediatica di personalismi, sia nel potere legislativo che in quello giudiziario. Tale diffidenza ha portato ad una caduta della cultura politica, nel senso ellenico della "polis", ad un livellamento mediocre di tutti i parametri per una società aperta, moderna e dinamica, a rifugiarsi in un becerume da internet, allo sgretolamento dei partiti, ad un nazionalismo di convenienza che ha alimentato movimenti imbonitori e recettori di un facile scontento. In questa sindrome da astinenza politica che ha contagiato un po' tutti, come tanti "alcolisti anonimi" ci si schiera speranzosi intorno ad un improbabile cerchio gialloverde, dove falsi terapeuti sparano sentenze idiote e pericolose per la nostra salute. Parlano di "fare la storia", ma cantano soltanto storielle di cui non conoscono manco la trama.