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Il Mezzogiorno ostaggio dei bottegai della politica

Opinionista: 

L’ultima data annunciata in ordine di tempo è giovedì 15 ottobre. Il governo dovrebbe ufficializzare i contenuti del piano per il Sud e della Legge di Stabilità. Il condizionale è d’obbligo, visto il gioco di rimandi cui si sta assistendo su questo come su altri temi, conseguenza per la verità anche di un’agenda governativa che, per mole, rievoca le mitologiche fatiche di Ercole. Nell’attesa affiorano le indiscrezioni. Nel menù Mezzogiorno si propongono misure come: un rinnovo della decontribuzione per chi assume, riservato stavolta alle regioni svantaggiate; un anticipo di una riduzione dell’Ires nel 2016, cui farebbe seguito un taglio più corposo nel 2017 destinato alle imprese di tutto lo Stivale; un credito d’imposta per chi investa in macchinari oppure in ricerca e innovazione (nodo ancora da sbrogliare) nelle aziende a sud del Garigliano. Non si sa quale di queste ipotesi resisterà al processo di selezione naturale che passa dal momento delle promesse al nero su bianco. Quello che traspare dagli ambienti vicini alle sedi istituzionali è che sarebbe già in moto un non meglio identificato partito del Nord, che minaccerebbe fuoco e fiamme in caso di generose concessioni a Partenope e dintorni, se non accompagnate da robuste compensazioni, dirette a soddisfare gli appetiti di quanti da qualche decennio si sono inventati una questione settentrionale. La verità è che di questioni territoriali degne di questo nome in Italia ce n’è una, ed è quella purtroppo secolare, emersa fin dall’epoca del brigantaggio postunitario. Il resto è fuffa, a meno di non voler scambiare per settentrionale una criticità che investe da troppo tempo tutta la Penisola e che si chiama declino competitivo. Un male cui ha dato linfa maligna proprio il territorialismo miope di politiche che hanno peggiorato le condizioni di una parte del paese, finendo per contrarre i redditi dei suoi abitanti al punto da incidere pesantemente anche in termini di flessione dei consumi di prodotti realizzati dalle industrie del Nord. La questione, insomma, è nazionale, e la sua parabola somiglia maledettamente alla metafora del cane che si morde la coda. Il guaio è che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Se pure tutti e tre i provvedimenti citati venissero adottati dal governo e sanzionati dal parlamento, il beneficio per il Mezzogiorno sarebbe significativo, ma neppure lontanamente paragonabile all’entità delle rapine ai suoi danni perpetrate negli ultimi anni dalle politiche nordiste antirecessive. I bottegai della politica del campanile fanno finta di non capirlo!