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Il pallino nelle mani del leghista Salvini

Opinionista: 

Il valzer delle consultazioni avviato dal Presidente Mattarella è ancora avvolto da nebbie e incertezze. C’è chi sostiene che occorra dar vita ad un governo ad ogni costo. Un governo qualsiasi. Tra coloro che inseguono e spingono in tale direzione ci sono due leader. Il vecchio Berlusconi, preoccupato dalla possibilità di un ritorno troppo celere alle urne che sicuramente vedrebbe pesantemente penalizzata Forza Italia, ed il vecchio-giovane Matteo Renzi, l’uomo che come Mariotto Segni gettò via il biglietto vincente della Lotteria Italia. Il Pd in caso di voto a breve rischia di essere ulteriormente prosciugato dalla terribile e incontrastata deriva grillina. È ancora troppo presto per azzardare ipotesi. Ma proviamo a ragionare. D’altronde, anche se la politica da tempo è andata in esilio, tutti dovremmo augurarci un suo effettivo ritorno. Gli italiani hanno nostalgia della Politica. Ma il ceto dirigente è quello che ben conosciamo, basta fare una fotografia dell’esistente. C’è il giovanottino Di Maio, che in altri tempi avrebbe sicuramente vinto l’Oscar per i manichini della Rinascente o della Standa. Oggi gareggia per i grandi magazzini di un buon centro commerciale. Pretende l’incarico per Palazzo Chigi sol perché il Movimento 5 Stelle è il primo partito d’Italia. Certo, è una tesi, ma non credo sia condivisibile. La politica è confronto, dialogo, non certo verità assolute. Il giovanotto non ha mai un dubbio. Parla come se fosse in sintonia con Nostro Signore Gesù Cristo, per verità rivelata. Mattarella potrebbe anche concedergli l’alto onore del tentativo istituzionale, ma non la vedo facile. I numeri difficilmente li potrà trovare. E poi ha già commesso un grave errore: vuole far nascere un nuovo arco costituzionale. Questa volta non per escludere il Msi, purtroppo passato da tempo a miglior vita, ma nei confronti di Forza Italia, fino a quando tale formazione sarà guidata dal Cavalier Berlusconi. Un veto, ovviamente, che i forzisti mai potranno accettare o subire. Con tutte le critiche e le riserve che possiamo avanzare nei confronti del buon Silvio, tale diktat appare insopportabile. Ed ecco perché questa ipotesi di un governo a guida Di Maio non andrà da nessuna parte. Resta la forte opzione Salvini, un leader che ha vinto sul campo anche la competizione interna al centrodestra, secondo le regole che la coalizione stessa si è data prima del 4 marzo. Ma questa ipotesi, seppur altamente credibile, sotto sotto non piace neppure a Berlusconi, costretto a subirla come sua definitiva abdicazione e diminutio, sebbene ciò sarebbe nell’ordine naturale delle cose. Comunque il pallino non è solo nelle mani del Capo dello Stato, ma soprattutto in quelle di Matteo Salvini che da animale politico vincente, non soffrendo di fretta e avendo la testa rivolta al futuro, non si farà prendere dalla fregola e dal fascino di fare a tutti i costi oggi il Capo del Governo. Credo abbia in mente un piano B. Non certo un passo indietro, anzi. Un gesto inusuale, non previsto. Un atto che spiegherebbe cosa significa far politica in spirito di servizio. Il buon Matteo, leghista nazionale, potrebbe favorire e lanciare il suo gioiello più bello e importante. Un valore da tutti riconosciuto per serietà, competenza e credibilità. Un leader che ben conosce la macchina politica e amministrativa del Palazzo. Un grande esperto delle materie economiche e finanziarie. Parlo di Giancarlo Giorgetti. Già Presidente della commissione Bilancio della Camera nella XVI legislatura. Un uomo che non va mai sopra le righe. Un figlio del territorio che ha sempre guardato al Sud con grande rispetto. Un leader che conosce bene le regole della Politica e che ha sempre rispettato le ragioni degli altri. Una personalità credibile, spendibile e rispettabile. Uno che sullo scenario internazionale si muoverebbe senza alcun complesso perché strutturato e determinato. Nessuno, ovviamente, può dire con certezza come finirà questa difficile e complicata partita. Ma la carta Giancarlo Giorgetti non è certo una boutade. Ancora poche settimane e scopriremo se l’Italia avrà un governo. Ma, se anche dovesse prevalere l’ipotesi da me avanzata, essa sarebbe a tempo. Si tratterebbe di un grande segnale di discontinuità per traghettare il Paese in una nuova fase. Per riportare i conti veramente in ordine, varare una nuova e radicale riforma elettorale e portare l’Italia al voto insieme alle Europee. I veri leader sanno aspettare. Salvini ha dimostrato di esserlo e se facesse una scelta di questo tipo non potrebbe che crescere ancora.