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Il Sud penalizzato anche dal ciclismo

Opinionista: 

Il Giro d’Italia quest’anno non ha toccato il Sud. Ha quindi senso chiamarlo ancora così? È giusto mortificare, in questo modo, la passione per il ciclismo di centinaia di migliaia di sostenitori ed appassionati della Campania e delle altre regioni meridionali, molti dei quali, peraltro, praticanti in forma agonistica, amatoriale o di semplici fruitori della bicicletta? La scelta degli organizzatori dell'edizione girina di quest'anno, oltre ad essere miope e discriminatoria, ci sembra anche estremamente paradossale. Proprio in questi anni nei quali cerchiamo, a vari livelli, di proporre forme di mobilità privata alternative all'auto ed ai motori convenzionali, più "green" e salutari, tra cui appunto la ciclabilità, si ridimensiona, invece, il raggio d'azione della più importante manifestazione sportiva nazionale dedicata a questo veicolo. E così, piuttosto che utilizzare quest'occasione anche per promuovere, sull'intero territorio, il fascino e l'utilità di questo mezzo di trasporto, si preferisce circoscrivere il percorso della carovana ciclistica ad una metà del Paese, come se l'altra, la parte bassa dello "stivale", non contasse nulla o, addirittura, non esistesse proprio. Un taglio drastico che, inoltre, penalizza pure il turismo. Le tappe giornaliere in cui è suddiviso il Giro, infatti, consentono di dare visibilità e di apprezzare la straordinaria e variegata bellezza di tante località e borghi antichi dell'entroterra, anche poco conosciuti, del nostro Paese; inoltre costituiscono una vetrina per scoprire sotto una luce nuova territori più rinomati. Ancora oggi, per esempio, restano scolpiti nella memoria del pubblico presente e dei telespettatori gli splendidi scenari del lungomare di Napoli e dei tornanti di Ischia attraversati dal folto gruppo dei corridori nel corso dell'edizione del 2013. Quest'anno, invece, è stato deciso che tali opportunità debbano essere precluse al Meridione italiano. Se Carlo Levi si doleva che Cristo si era fermato ad Eboli, gli organizzatori del 102.mo Giro hanno fatto di peggio si sono arrestati molto prima: a San Giovanni Rotondo, forse per rispetto a Padre Pio. Peccato, perché proprio quest'anno l'Aci ha voluto approfittare di questa importante competizione sportiva per lanciare una significativa campagna di sensibilizzazione sulla sicurezza stradale, "#Rispettiamoci", per promuovere una cultura della mobilità responsabile, rispettosa delle utenze deboli - in primis pedoni e ciclisti - e capace di far convivere armoniosamente tutte le diverse modalità di trasporto. Dispiace, invece, che anche questa iniziativa, utile per promuovere altresì l'importanza delle piste ciclabili, delle alimentazioni elettriche, della mobilità condivisa, per una migliore vivibilità degli ambienti urbani, finisca con l'essere menomata dalla scelta, scellerata e mortificante, di delimitare il Giro d'Italia al Centro-Nord. In questa fase storica, densa di tensioni e conflitti che rasentano l'odio, occorrerebbero più attenzione, oculatezza e buon senso da parte dei decisori pubblici nella gestione anche di eventi apparentemente ameni, ma carichi di significati simbolici. Ormai è andata così, ma non vorremmo che questa scelta diventasse un "modus operandi" anche in altri ambiti, non solo sportivi.