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Il tallone d’Achille di Salvini e Grillo

Opinionista: 

Spira forte il vento dell’antipolitica, alterando equilibri, scompaginando la vita dei partiti, rendendo incerte e precarie le prospettive del prossimo futuro. Siamo, in realtà, portati a considerare l’antipolitica come una “patologia eversiva”, secondo la definizione che ne diede Giorgio Napolitano nel suo ultimo intervento all’Accademia dei Lincei. Ma, senza entrare nel merito delle responsabilità dell’attuale stato di cose, non si può non prendere atto del fatto che la politica (almeno com’è stata tradizionalmente intesa) è in crisi. È una realtà innegabile e della quale due sono le forze che, ictu oculi, sembrano destinate ad avvantaggiarsene: la Lega di Matteo Salvini e il Movimento cinque stelle di Beppe Grillo. Entrambi, tuttavia, hanno il loro tallone d’Achille con il quale sono costretti a fare i conti. Cominciamo dalla Lega che, in questi giorni, sembra navigare sulla cresta dell’onda. La sconfinata rozzezza non fa velo all’intelligenza di Salvini il quale ha perfettamente compreso che il limite del suo Carroccio è nella dimensione localistica alla quale le sue stesse origini lo condannano. Per superare questo limite l’erede di Umberto Bossi non aveva che una strada e sembra averla imboccata: attrarre nella propria orbita Silvio Berlusconi e quel che è rimasto di Forza Italia. L’impresa appariva non facile, soprattutto per le residue velleità di leadership dell’ex Cavaliere che tali velleità sembra aver ora deposto per rassegnarsi all’umiliante ruolo di gregario di Salvini. Il patto siglato domenica scorsa a Bologna ha, dunque dato il via al triumvirato Salvini-Berlusconi-Meloni nel quale il leader leghista ricopre il ruolo di primus inter pares, che dovrebbe sancire la rinascita del centro- destra. Ma al conseguimento di questo obiettivo si frappone un ostacolo non irrilevante. Riesce, infatti, difficile scorgere caratteri di omogeneità in una coalizione che, qualificandosi di centro-destra, non ha, a ben vedere, né i caratteri del centro, né quelli della destra se è vero che il centro ha come sua precipua connotazione la moderazione e la destra, storicamente, si riconosce nei valori della Nazione: due caratteristiche – moderazione e riconoscimento dei valori nazionali – che, per quanti sforzi si possano fare, riesce ben difficile individuare nel repertorio salviniano. Non è un caso, del resto, che l’accordo con la Lega abbia suscitato più di un malumore tra quanti si sono sinora riconosciuti nella leadership berlusconiana, ma che cominciano ad accarezzare il proposito di convergere verso Verdini o di Diego Della Valle da tempo smanioso di fare il suo ingresso in politica. Anche il movimento grillino ha il suo tallone d’Achille. La furia iconoclasta con la quale Grillo affrontò la sua battaglia contro la politica e i politici, sembra aver lasciato il posto, con il trascorrere del tempo, a una maggiore moderazione e soprattutto alla consapevolezza che la vita politica non può essere gestita da un manipolo di dilettanti, per quanto onesti e volenterosi. Le elezioni con le quali, a Roma, dovrà essere eletto il successore di Ignazio Marino costituiscono, al riguardo, un significativo test. I grillini, dopo la sciagurata gestione dell’amministrazione capitolina, avrebbero buone possibilità di successo. Ma Grillo indugia, si trattiene ancora dallo scendere apertamente in campo, probabilmente sapendo che tra i “suoi” non c’è chi abbia nello zaino quel bastone del Maresciallo che gli consentirebbe di assumersi il pesantissimo onere di guidare la rinascita di una Capitale ferita e frustrata dalla pessima amministrazione di Alemanno prima e di Marino poi. A dar conforto a Grillo, soprattutto per bocca di Stefano Fassina, s’avanza l’ipotesi che possa scendere in campo, alleata con i Cinque stelle, la neoformazione di sinistra composta dai fuorusciti dal Pd e dalla Sel di Nichi Vendola. Ma è probabile che l’avance di Fassina nasca dalla paura di contarsi elettoralmente che potrebbe rivelare i mediocri consensi di cui gli scissionisti possono disporre. Insomma, l’eventuale accordo Grillo- Fassina potrebbe essere il risultato della somma di due debolezze e due debolezze non fanno una forza. Certo, per il mondo della politica, mala tempora currunt avrebbe detto Marco Tullio Cicerone. I tempi non sono lieti. Ma non si facciano troppe illusioni “quelli dell’antipolitica”. Anche per loro c’è una gran quantità di gatte da pelare.