La credibilità futura del Papa e del Sinodo
Domani il Sinodo concluderà il proprio lavoro, dopo tre settimane, a differenza dell'edizione 2014, contraddistinte da eventi e pronunciamenti non incidentali, che hanno offerto ad una disamina esterna un quadro non esaltante sull'unità d'intenti fra Francesco e la sua caleidoscopica corte cardinalizia. Non a caso parliamo di corte, poiché quanto ascoltato, trapelato, pubblicato in questi giorni, ha dato l'impressione di un revival moderno di una cortigianeria vaticana di qualche secolo trascorso, con i suoi capannelli e conventicole settarie, suddivise in partitini, fautori di questo o quell'altro, di un ritorno alle parole sussurrate, ai disagi mentali nascosti abilmente sotto l'ombra del tocco, avvolti accuratamente nei porporali ondeggianti, dove il gradino più basso è stato calpestato da questa ambigua e sotterranea regìa, con il "pronunciamento omosessuale" di un prete represso, con le parole e i commenti dietrologici sul carattere "vendicativo e non tanto pastorale" del Papa, per finire all'inqualificabile e poco etico scoop sulla sua presunta malattia, dove il diritto all'informazione calza molto più il desiderio di vendita sensazionale, che l'amore della verità. Un prete che è pronto a pubblicare un libro, manco a dirlo, già scritto e preparato da tempo, per ergersi a testimonial di una parte di società, che dopo lo scippo pensionistico di Vendola, non può che gongolare su un'occasione così inattesa per esporre ad una "figuraccia" la nomenklatura vaticana, nel tentativo di forzare la mano ai vescovi riuniti, ma che nei fatti, ha minato la già difficile credibilità consultiva e propositiva dei membri del Sinodo, aumentando il fastidio e il furore reazionario in quella parte di conservatori dottrinari. Sul carattere sanguigno e addirittura vendicativo del Papa, si è scritto di tutto, si è andato a riprendere alcuni articoli, passi di saggi e libelli sul Bergoglio ante nomina, e si è voluto addirittura leggere nella reazione alla domanda sul sindaco Marino, un enorme sasso che Francesco anelasse togliersi dalla scarpa - non griffata, come quelle di tanti porporati - già da tempo immemore, lasciando intuire addirittura al lettore sprovveduto che la caduta del sindaco medico abbia avuto il colpo di mannaia dalle parole del Papa! Ma il capolavoro bufalino è stata la notizia della malattia, laddove trapela tra le righe la malignità e la falsità confezionata, grazie all'intuizione diabolica di quell'aggettivo "benigno", un tranquillante ad effetto, degno di una mente malsana e pericolosa nel disegno cospirativo. Saremmo tacciati anche noi di dietrologia spicciola, se avessimo l'arroganza di esporre quadri di golpe ideologico, o nomi di cospiratori, ma la realtà va comunque oltre l'impressione, se si analizza il danno che tali situazioni hanno potuto arrecare, e si spera in senso minimo, ai lavori così difficoltosi, per certi versi rivoluzionari, e ai delicati equilibri interni del Sinodo sulla famiglia, e di cui avremo certezza e conoscenza con la pubblicazione del documento d'intenti finale, che sarà reso domani in chiusura e passato al microscopio critico nei prossimi giorni. D'altronde, l'Osservatore Romano stesso ha parlato di "intento manipolatorio", di false notizie e adombrato un sospetto legittimo di tale diffusione di notizie e interviste in un momento così decisivo e pregnante per le posizioni sociali e politiche della Chiesa. È evidente che lo sfruttamento mediatico di questo Papa è innegabilmente proficuo, in particolare per i medici sembra, Marino prima Fukushima dopo, entrambi indagati, ma, chiosa sorridente a parte, siamo ritornati alla sinfonia dei "corvi", e sappiamo tutti quanto deleteri ed infamanti possano rivelarsi queste "voci di dentro non ben definite". Purtroppo, Francesco dovrà suo malgrado confrontarsi con questa realtà tutta italiana, o meglio tutta vaticana, e siamo sicuri che ha da tempo messo nel conto le battaglie da combattere, le scaramucce e le picconate teologiche, e certamente la sua umanità schietta, travisata da molti come irascibilità inaccettabile, sarà il volano per condurre in porto una partita complessa, che conduca ad un risultato più che accettabile, anzi definito e innovativo, che metta d'accordo su una base di ritrovata caritas, le anime controverse e antitetiche della Curia romana, intesa nella sua globalità multietnica e policulturale: questa è la prima e sacrosanta scommessa da vincere. Per quel che attiene alla nostra personale previsione, ci sentiamo di affermare che la giusta via sarà indicata nel passo dopo passo, non come nel gioco dell'oca, ma ineludibilmente in avanti, perchè la Chiesa, in quanto tale, non può che essere un' immensa porta aperta alle angosce e alle domande di verità del mondo, che spinge e pretende un nuovo raggio di luce in un cammino buio e infido. Nessun facile e malcompreso liberalismo della moda, in questo senso è stato chiaro il documento critico al Governo, della Cei, sul pericolo di distruzione dell'istituzione familiare, ma un'apertura al confronto sui temi spinosi e delicati del Sinodo, una risposta coraggiosa anche al deserto strutturale e ideativo che caratterizza la fuga dei giovani dall'ora di religione, e quindi una seconda scommessa da vincere sul nichilismo ideologico ed il laicismo di facciata di una società disadorna di ispirazioni ideali. Non c'è da rallegrarsi per i suoi denigratori, nè da auspicare quindi nessuna battaglia dogmatica, nessuna diatriba dottrinaria o scontro per il potere. Mai come oggi, anzi domani, Francesco e i suoi fratelli sono uniti in un'unica storica occasione: scongiurare che nell'opinione pubblica, nel cuore e nella mente di milioni di fedeli, venga meno la propria credibilità, sarebbe la fine.