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La grave incultura dell’accoglienza

Opinionista: 

Èl’ora delle emozioni forti: sono morti nel mar Mediterraneo oltre 200 persone. Tutte in una volta. Un’altra ecatombe dopo quella, terribile, degli 800 che giacciono in fondo al mare nel loro barcone di morte. Tra qualche mese tutto sarà dimenticato, come la tenerissima, e straziante, fotografia del bambino morto sulla spiaggia della Turchia. Intanto nessuno penserà di abbattere qualche muro o di togliere qualche barriera: quello che accade nel campo di Idomeni, o a Lesbo, ha del terrificante. Non c’è Papa che tenga, nessuno cambia posizione. Ora si aggiunge anche la nuova strategia dell’Egitto, che, a seguito del caso Regeni, che lo svergogna davanti al mondo, ci… punisce, lasciando partire dalle proprie spiagge barconi diretti verso l’Italia. Intanto l’amica Francia chiude con l’Egitto fior di accordi commerciali. Con buona pace della solidarietà europea e del rispetto dei diritti umani, che in quel Paese vengono calpestati. Tutte le forze politiche, più o meno velatamente, inseguono i populismi, si sintonizzano sulla rabbia della gente contro i… migranti invasori. Le elezioni amministrative nelle più grandi città italiane alimenteranno ulteriormente questa deriva: nel segno della domanda di sicurezza dei cittadini. E già: la vulgata è che fra i migranti si nascondono ladri, anche di appartamenti, stupratori, sfruttatori, e via elencando. Al netto dei terroristi. Naturalmente, i “nostri” ce li teniamo in casa, “legittimamente”: camorristi, mafiosi, spacciatori, violentatori di donne (ne sono state uccise 36 da uomini italiani), truffatori, anche della società civile, evasori e così di seguito. Le parole gratuite ed offensive dell’uomo politico del momento, al secolo Matteo Salvini, nei confronti di Papa Francesco, da sole dovrebbero giustificare, anche fra i suoi, l’abbandono di quel Movimento, che viene accreditato di percentuali altissime, soprattutto nelle regioni del Nord opulento. Il Papa aveva “osato” affermare, dopo la sua dolorosa visita a Lesbo, che “i migranti sono un dono per la nostra società”. E Salvini, di rincalzo, “Si sono un dono per le associazioni su di loro lucrano milioni di euro”. Tutto questo al netto del dovere cristiano dell’accoglienza: “Ero forestiero e mi avete ospitato. Matteo 25/37”. Certo, tutti noi siamo egoisti, però, se dai migranti vengono le badanti, che ci liberano dall’assillo di genitori decrepiti o dementi, se provengono lavapiatti, che ci risparmiano lavori ingrati, se raccoglitori di patate o di pomodori, che fanno lavori, a prezzo di sfruttamento, per noi pesanti ed umilianti, allora il migrante è ben accetto. Ma perché tutta questa incultura dell’accoglienza? Tutti sappiamo che dopo la crisi della famiglia e la… latitanza della gloriosa Cultura Laica, restano soltanto la Chiesa e la Scuola come soggetti di educazione. Mi domando: nelle scuole si dedica un’ora a settimana, almeno, a parlare del dovere, civico e costituzionale, dell’accoglienza, e, magari, anche della utilità della integrazione fra razze ed etnie diverse? Personalmente, devo essere sfortunato, durante le omelie della Messa della domenica, eppure cambio spesso chiesa, mai, dico mai, ho sentito prediche, che richiamano a questo dovere cristiano. Mai ho ascoltato un riferimento a questa testimonianza infaticabile di Papa Francesco, che ha voluto portare con sè da Lesbo, accogliendoli nella Comunità di Sant’Egidio, 12 migranti di religione musulmana. Ed allora, come pensiamo che la gente venga educata, che venga convinta, che smetta egoismi e paure? Senza educazione, senza cultura, cresceranno muri e barriere. E crescerà anche il successo di personaggi politici come Trump, Le Pen, Salvini. Ma, quel che è peggio, il mondo, e la società, diventerà più brutto, più violento, più egoista. Perfino l’Amicizia rischierà di scomparire, se prevarranno interessi ed egoismi. E questo Papa, che, con la sua ferma testimonianza del Vangelo, non riesce a “schiodare” neppure alcuni suoi Cardinali, se ne tornerà, da “Emerito”, in Argentina. *** Il 25 Aprile: festa della Liberazione dal Fascismo e dal Nazismo! Fu festa della Liberazione e della riconquistata Libertà. La gente festante per le strade dimenticò anche i morti e le tragedie vissute: era l’ora della Libertà e della Vita. E tutti, o quasi, diventarono Antifascisti, a scapito anche di quelli che il Fascismo lo avevano combattuto per davvero. Il trasformismo assunse forme gigantesche, mentre si affacciava il qualunquismo, di cui addirittura alla creazione di un partito, L’Uomo Qualunque. Lo slogan era “convincente”, con il dito puntato verso ciascuno italiano: “Anche tu sei un Uomo Qualunque”. Il leader era Guglielmo Giannini. Ma più forte fu l’anelito a ricostruire ed a tagliare i ponti con il passato: il referendum per la Repubblica del 1946, quest’anno celebriamo il settantesimo anniversario, determinò la svolta. Pietro Nenni ne fu il protagonista, più, e più, di De Gasperi e Togliatti, con slogan “fiammeggianti”, come diceva l’indimenticato Antonio Ghirelli, di cui il più emblematico fu: “O la Repubblica o il caos”. Gli italiani scelsero la Repubblica e cominciò l’altra grande sfida: quella della ricostruzione. Grandi furono i protagonisti nella politica, ma ancora più grandi furono le famiglie italiane. Mio padre, e con lui milioni di donne e di uomini, diceva: “Dobbiamo progredire ed i nostri figli devono andare a scuola”. L’Italia fu ricostruita: si parlò addirittura di miracolo economico, la nostra moneta diventò fortissima. Protagonisti sicuri e prestigiosi furono, tra gli altri, Enrico Mattei ed Adriano Olivetti. Poi è storia dei nostri giorni, fra entusiasmi e delusioni. Ed oggi ancora di più delusioni: la politica ridotta a mercato. Protagonisti, salvo le consuete eccezioni, uomini piccoli, “funzionali” al mercato: senza regole e senza valori. Non era questa l’Italia che gli italiani sognarono il 25 aprile del 1945. Non era questa l’Italia alla quale i condannati a morte della Resistenza sacrificarono la loro vita: qualche insegnante faccia leggere ai propri studenti le ultime loro lettere, racchiuse in un libro – Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana, Einaudi editore – strazianti, eppure piene di orgoglio e di speranza. Tanti giovani, ai quali colpevolmente questa grande pagina di Storia non è stata neppure raccontata, forse potrebbero ritrovare la via della speranza e non pensare al 25 di aprile semplicemente come ad un giorno di vacanza a scuola.