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La scandalosa vicenda dell’Arena Flegrea

Opinionista: 

Quelli della mia generazione ricordano che la sera del 5 luglio 1952 venne inaugurata l’Arena Flegrea alla Mostra d’Oltremare di Napoli, riportata con un rigoroso restauro filologico alla splendore del suo primo giorno. E reinserita tra i teatri lirici all’aperto più importanti del mondo. Giudicata “grandiosa” da Giuseppe Pagano e da Edoardo Persico sulla rivista “Casabella” oltre che per l’originalità della concezione anche per gli eleganti ridotti, i gradevoli ambulacri, la caffeteria, i servizi igienici per i signori e le toilettes e per le signore. E, soprattutto, per gli splendidi pannelli di ceramica posti sulle due pareti laterali e per i grandi mosaici dell’artista napoletano Nicola Fabbricatore sul grande frontone. Il famoso archeologo Amedeo Majuri li ammirò e scrisse: “I mosaici di Fabbricatore evocano la bellezza dell’arte musiva bizantina”. Perciò quelli della mia generazione furono gli unici a rilevare la scomparsa delle ceramiche e dei mosaici quando la sera del 26 luglio 2001 venne inaugurata la “nuova” Arena con un concerto di Bob Dylan (chi l’avrebbe mai detto che nel 2016 il cantautore sarebbe stato insignito del premio Nobel per la Letteratura). Un teatro all’aperto banale e sgraziato, realizzato al posto dell’Arena degli anni 40, demolita per un capriccio del suo autore (l’architetto Giulio De Luca, scomparso da alcuni anni) e con la deplorevole connivenza della Soprintendenza ai Beni Architettonici dell’epoca. Come architetto chiamato nel 1950, appena laureato, a collaborare alla ricostruzione della Mostra del Lavoro Italiano nel Mondo dell’8 giugno 1952 (ho progettato con Carlo Cocchia il padiglione Nord America) e come “testimone” delle sue travagliate vicende (ho scritto decine di articoli sulla stampa cittadina e nazionale) mi sono impegnato nella difesa di questo grandioso complesso architettonico e urbanistico contro la sconsiderata svendita dei suoli, l’abbandono e la distruzione di molti padiglioni, la manomissione di alcuni impianti, e, in particolare, contro la demolizione dell’Arena. Non avendo avuto dai vari presidenti della Mostra (Albano, Cercola, Morra, Rea e la Chiodo) risposte soddisfacenti sulla scomparsa dei mosaici ho presentato il 10 maggio 2014 una denuncia alla Procura della Repubblica. E dopo tre anni di attesa ho avuto la copia della lettera del 24 febbraio 2017 indirizzata al gip, con la quale la pm Daniela Varone ha chiesto l’archiviazione della mia denuncia sulla scomparsa dei mosaici con questa motivazione: “La notizia di reato è infondata perché le indagini poste in atto hanno consentito di accertare che il mosaico è custodito in luogo idoneo in attesa della sua ricollocazione”. Una lettera che mi ha lasciato stupefatto. E indignato. So per certo che la gran parte dei mosaici sono scomparsi e penso che sia compito della magistratura accertarlo. Una foto dell’Arena degli anni ‘90 mostra il grande frontone curvilineo lungo novanta metri e alto cinque con le 23 figure dei mosaici di Fabbricatore (personaggi del teatro e maschere mutuate da un repertorio teatrale esteso dalle atellane fino al 18° secolo ). Un documento che dimostra visivamente la fondatezza della mia denuncia. A conferma della inammissibilità dell’archiviazione mi ha scritto il 1°giugno scorso il soprintendente di Napoli Luciano Garella per informarmi di avere stipulato con la Mostra e con l’Università Suor Orsola Benincasa un protocollo d’intesa per “restaurare i frammenti sopravvissuti alla demolizione del frontone dell’Arena flegrea”. In effetti si tratta di circa 100 mq e in precarie condizioni di conservazione. Chiederò la prosecuzione dell’indagine giudiziaria per perseguire e punire i responsabili dello smarrimento degli altri 350 mq del mosaico originario. Si tratta di un bene di grande valore che fa parte del patrimonio storico e artistico del nostro Paese. C’è da registrare, con molta amarezza, la latitanza dell’intero mondo culturale cittadino e, in particolare, il silenzio degli storici dell’arte e degli storici dell’architettura della Federico II. Imperdonabili tutt’e due.