Non è malagiustizia È molto più grave
Eh no, troppo comodo. Troppo facile autoassolversi riducendo i casi Mastella e Consip a questioni di lungaggini giudiziarie o a complotti degli immancabili Servizi segreti. Queste vicende sono invece figlie del 1994. Tutti ricordano ciò che accadde: l’allora premier Berlusconi ricevette a Napoli un avviso di garanzia che, di fatto, provocò la caduta del suo Governo. Anni dopo si scoprì che il corso politico della Nazione era stato deviato per un’inchiesta da cui il Cavaliere fu assolto per non aver commesso il fatto. Ora tutti si stracciano le vesti perché è venuto a galla che l’ex Guardasigilli Mastella fu indagato sulla base di prove rivelatesi inconsistenti, ma che bastarono a farlo dimettere e a mandare a casa il governo Prodi. È grave. Per questo, davanti allo scandalo ripetuto delle archiviazioni e assoluzioni di imputati o indagati presentati all’opinione pubblica come incorreggibili delinquenti, il tentativo di derubricare queste vicende a storie di giustizia tardiva o complotti dimostra - nella migliore delle ipotesi - la scarsa consapevolezza della posta in gioco. La sovranità della nostra democrazia è sempre più limitata. Dall’esterno e dall’interno. Dall’esterno, perché l’agibilità politica del più autorevole leader dell’opposizione dipenderà dal pronunciamento dei giudici di Strasburgo; dall’interno, perché dei funzionari, trasformatisi da ordine in contropotere dello Stato, condizionano la vita istituzionale e parlamentare con iniziative temerarie, sempre giustificate col totem dell’obbligatorietà dell’azione penale. Questi sono i fatti. E dipingono il quadro d’una Nazione alla mercé di poteri privi di qualsivoglia legittimazione popolare. Chi pensava che ad essere minacciati fossero solo Berlusconi e i suoi accoliti, in questi anni ha dovuto ricredersi. Eppure, qualsiasi tentativo serio di riforma si è sempre arenato. La sinistra, infatti, non può dimenticare di essere stata la vera beneficiaria dell’uso politico della giustizia e dell’avventurismo di certe inchieste, avendo fiancheggiato per lunghi anni i pm combattenti. Poi, quando il mostro si è emancipato anche dal suo protettore, pure a sinistra è cresciuta la consapevolezza che un intervento era forse necessario. Ma si è trattato di parole cui mai o quasi mai sono seguiti i fatti. E quando ciò è accaduto, si sono realizzate vere e proprie beffe (vedi la legge sulla responsabilità civile dei magistrati o l’aumento dei tempi di prescrizione) firmate da quello stesso Pd che ora grida al «quasi colpo di Stato» sul caso Consip. Una pantomima. Se ci credessero davvero agirebbero di conseguenza, invece è solo l’ultimo capitolo di una spietata lotta combattuta tra poteri opachi, cui la sinistra stessa ha partecipato con gran profitto per decenni. Lo strapotere giudiziario, oltre a distruggere la reputazione di singole persone, è stato decisivo nell’impedire che si stabilizzasse un sistema politico fondato sull’alternanza. Tuttavia, quest’azione di erosione dei fondamentali della democrazia non sarebbe stata così devastante se non avesse incontrato altri potenti interessi. Quelli della sinistra politica ed editoriale, pronta a tutto pur di eliminare il proprio competitor, e di poteri finanziari internazionali ansiosi di mettere le mani su pezzi importanti della nostra economia. Il tutto condito dalle lobby dello scandalismo e dell’indignazione professionale. È urgente restaurare un sistema politico solido, basato sulla sovranità popolare anziché sull’alleanza tra poteri burocratici, sottratti a qualsiasi forma di controllo che non sia quella autoreferenziale, che pretendono di indirizzare e condizionare le istituzioni. Se c’è una lezione da trarre è questa. Altro che chiacchiere e lacrime di coccodrillo.