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Ora si cambi la litania della nostra impotenza

Opinionista: 

Grazie. Le forze dell’ordine si confermano l’unico, vero baluardo contro i farabutti che vogliono prendersi la nostra libertà. Cioè la nostra vita. Insufficienti, spesso insultate e derise, con il fermo dell’uomo che ha sparato alla piccola Noemi e del fratello che ne ha coperto la fuga hanno dimostrato ancora una volta di essere le uniche a parlare con i fatti. Ma attorno a loro infuria l’insopportabile vaniloquio di una politica imbelle che contrappone chiacchiere a pistole. Mentre il Governo sprecava fiumi di parole - manco a Palazzo Chigi ci fossero i Jalisse - loro hanno continuato a lavorare in silenzio per fare giustizia. Tuttavia, lo Stato non può continuare ad attendere che venga versato sangue innocente prima di reagire. Nella politica per la sicurezza occorre un cambio radicale. Che non si vede. Dal Governo, infatti, ci si attendeva almeno quella risposta securitaria alla criminalità diffusa che il ministro dell’Interno Salvini aveva più volte evocato da leader di partito, quand’era all’opposizione. Invece siamo punto e a capo. Nulla di serio è stato fatto per garantire la certezza della pena. Nulla per impedire ai delinquenti di continuare a uscire dalle galere. Nulla per riportare sotto controllo i territori conquistati dai clan. Si è perso un anno di tempo. Tanto per cominciare, occorreva mettere in cantiere la costruzione di nuove carceri per evitare che, con la scusa (validissima) del sovraffollamento, i criminali continuassero a uscire di prigione. Bisognava poi modificare tutte quelle norme e leggine che rendono di fatto inapplicato il fondamentale principio della certezza della pena, garantendo sconti e liberazioni anticipate ai peggiori figuri. Che fine hanno fatto tutte le promesse di tenere i delinquenti in galera? Ci sono interi quartieri di Napoli che andrebbero controllati manu militari, con una presenza costante e massiccia dello Stato che non si vede. Per non parlare della sterminata provincia partenopea, dove la legalità è confinata al lavoro di carabinieri e poliziotti che si dannano l’anima in una guerra impari per uomini, regole e mezzi. Omaggiato e sondaggiato, sarebbe il caso che Salvini, tra una lite e l’altra con Di Maio, trovasse il tempo di affrontare questi problemi. D’altra parte, ad ammettere che finora l’azione dell’Esecutivo è stata del tutto insufficiente è stato lui stesso, affermando che «in giro per Napoli ci sono liberi non alcune centinaia ma parecchie migliaia di condannati in via definitiva». Appunto. Ora - solo ora - davanti al corpicino ferito di una bimba di 4 anni, il Viminale annuncia assunzioni straordinarie almeno per notificare quelle oltre 12mila sentenze. Una situazione nota da tempo. Bene. Dopo 11 mesi di tantissimo fumo e pochissimo arrosto è già qualcosa. Ma la vera emergenza resta il controllo di un territorio fuori controllo. Nell’ultimo anno sono arrivati in città 137 poliziotti in più. È lo stesso numero di uomini che inviarono Alfano e poi Minniti. Con i risultati che sapete. Ne servirebbero almeno 15 volte di più, con altrettanti militari e tutti a presidiare le strade. Perché non vengono rafforzati gli organici della Procura? È intollerabile che tra la commissione di un reato e l’esecuzione delle relative misure cautelari trascorrano a volte tempi lunghissimi. Certo, quest’ultima parte competerebbe al ministro della Giustizia. Ma il grillino Bonafede è troppo impegnato a solleticare gli appetiti giustizialisti dei casaleggini associati (anche contro il suo stesso alleato, Siri docet) per pensare a questo. Si è perso un anno per garantire processi infiniti attraverso l’allungamento della prescrizione, quando il problema è che i processi bisognerebbe velocizzarli. Controllo ferreo del territorio, procedimenti più veloci e pene certe sono l’unico antidoto alle canaglie che, invece di finire dietro le sbarre, se ne vanno a zonzo a far danni. Poche azioni, senza le quali restano solo le chiacchiere. Terribilmente uguali. Insopportabilmente ripetute come una litania. Quella della nostra impotenza. Perché Noemi sia l’ultima della lista del dolore.