Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

Penalizzati le donne e i lavoratori meridionali

Opinionista: 

Sulla legge di bilancio vale forse la metafora del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Si tratta di una manovra complessiva di 27 miliardi. Renzi e il suo governo sono stati costretti a muoversi dentro gli stretti binari della sorveglianza europea, ma hanno deciso di sfidare i “guardiani del tempio” e di sforare fino al 2,3% il tetto iniziale che si fermava al 2, ben sapendo che i tagli alla spesa non compenseranno i miliardi del deficit. Fin qui il bicchiere mezzo pieno che diventa mezzo vuoto se si considera la marcia indietro compiuta sulle pensioni, giacché i lavoratori a basso reddito che vorranno lasciare il lavoro prima, dovranno avere almeno trent’anni di contributi e non più venti come era stato pattuito con i sindacati. Questo significa, come hanno osservato in molti, una forte penalizzazione per i lavoratori meridionali e le donne che non hanno così tanti anni di occupazione. Una compensazione però è la boccata di ossigeno per le famiglie – voti preziosi per il prossimo referendum – con l’aumento delle quattordicesime ai pensionati. Credo che il commento migliore sulla manovra l’abbia espresso su “la Repubblica” di ieri Ferdinando Giugliano: “Il provvedimento da 27 miliardi contiene sicuramente delle misure positive, a partire da quelle a favore delle imprese e degli investimenti. Tuttavia, l’opacità delle coperture, l’abbondanza di spesa in deficit e l’ombra di un nuovo condono rischiano di rendere meno convincente la retorica della discontinuità, e più vulnerabile lo stato già fragile della nostra economia”. Resta, infatti, l’incognita – che si spera non si tramuti in realtà – della reale capacità di ottenere coperture alla legge di bilancio, basandosi sulla spending review e sulla rimodulazione dei pagamenti dell’Iva. Insomma si ha l’impressione che dopo i primi annunci trionfalistici – come è sempre capitato con la legge di bilancio – potrebbe aprirsi il fuoco di sbarramento da parte del ministro dell’economia o della ragioneria dello Stato che paventano lo sforamento dei vincoli imposti dalla comunità europea e la mancanza dei fondi necessari per alcune voci di bilancio che, guarda caso, riguardano come sempre i provvedimenti per i lavoratori, i pensionati, la scuola, ma non le facilitazioni e gli sgravi per le imprese. Comunque bisogna osservare un dato di fatto positivo. Dopo aver sbandierato in ogni occasione che il dialogo coi sindacati o era inutile o addirittura impraticabile, Renzi è stato costretto a sedersi al tavolo delle trattative e a portare in sede di legge di stabilità provvedimenti sul lavoro, sulle pensioni e sul rinnovo del contratto con gli statali. Propaganda? Ricerca di consensi per la campagna referendaria? Può darsi, ma ciò che conta è la riapertura di un confronto vero sui problemi del lavoro, dell’occupazione, delle pensioni. Per ora, però, il confronto è iniziato male. Basta mettere a confronto i numeri e si vedrà che oltre la metà dell’intera manovra è destinata a finanziare il cosiddetto piano industria 4.0 per la digitalizzazione delle imprese e il superammortamento pari al 140% per chi investe in macchinari (che sale al 200% per le nuove tecnologie). È ben vero che il paese ha bisogno di una politica di incentivi per lo sviluppo, ma perché questa politica deve farsi sempre a discapito delle fasce più deboli della società, a discapito dei lavoratori, dei giovani disoccupati e dei pensionati? Si dirà che nella legge di bilancio c’è qualcosa anche per loro, ma si dovrà attendere ciò che non è certo, anzi aleatorio, gli effetti della spending review e del rientro volontario dei capitali all’estero. Come dire: campa cavallo che l’erba cresce! Qualche maligno – e io sono fra questi – è portato a pensare: ma non è che con questa manovra si paga il debito con Confindustria (e Marchionne) per l’appoggio esplicito al Sì?