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Se al Sud si tagliano informazioni e risorse

Opinionista: 

Le aziende italiane nelle quali sono presenti capitali esteri sono 9376. Nel Mezzogiorno sono in tutto 370. Appena il 4%! Il Sud non attrae investimenti, come certifica l’ultimo recente studio di ICom. I motivi sono molteplici e vengono ripetuti nelle pubbliche occasioni di dibattito, di approfondimento e di confronto. Criminalità organizzata e micro criminalità, degrado ambientale, inefficienza di istituzioni e amministrazioni, scarso senso civico, individualismo sfrenato, e chi più ne ha più ne metta. Sarebbe interessante pianificare uno studio che consenta di dare valore scientifico a quanto si percepisce, indicando puntualmente l’incidenza di ciascuno dei mali meridionali sulla difficoltà di fare impresa e di catalizzare iniziative promosse dall’esterno. Nel frattempo, la realtà nuda e cruda dice che l’economia ristagna e che, almeno finora, non si è fatto granché per invertire la tendenza. Anzi. La denuncia di Adriano Giannola sulla penalizzazione delle università del Sud, cui si sottraggono sempre maggiori risorse, la dice lunga al riguardo. Si taglia la spesa strategica, quella destinata a incidere nel futuro, a sviluppare risorse umane qualificate, a rafforzare i centri produttori di conoscenza, la “merce” più importante per l’economia del terzo millennio. Negli anni scorsi si è fatto di peggio. Come emerge dallo studio di due sociologi dell’Università di Lecce, Valentina Cremonesi e Stefano Cristante, “La parte cattiva dell’Italia: Sud, Media e Immaginario collettivo”, si è messo il silenziatore sulla questione meridionale. Dai telegiornali ai principali quotidiani nazionali, lo spazio destinato a Mezzogiorno si è ridotto fino a un quarto di quanto avveniva prima del nuovo secolo. Non essendo riusciti a rimuovere i divari strutturali, si è cancellata l’informazione sul Sud, fatta salva quella che veicolava eventi di criminalità e, in genere, cronaca nera. Quasi un timbro identificativo di una realtà evidentemente incorreggibile, che proprio per questo va discriminata al momento di distribuire le sempre meno abbondanti provviste utilizzabili per arginare la recessione e tentare di dare impulso a una ripresa dell’economia. I segnali di questi ultimi mesi prospettano l’inizio di una inversione di tendenza. Perché si possano produrre effetti sostanziali, è tuttavia necessario che da singoli, pur apprezzabili, interventi si passi a un’azione coordinata e integrata, che, dal centro alla periferia, restituisca al Mezzogiorno le condizioni di un possibile riscatto.