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Sud, prova del nove per Renzi e De Luca

Opinionista: 

In questi ultimi tempi, a destare il Governo da un lungo letargo sulle politiche del Sud, diciamolo pure alla luce anche di analisi e di rapporti sempre più allarmanti - uno su tutti il livello non più tollerabile della disoccupazione giovanile sul 45% vi hanno provato in tanti. Si può dire il fior fiore di editorialisti e di opinionmaker di destra, sinistra e centro. Ciascuno con la propria ottica ha cercato di stanare l’indisturbato “consolato renziano”, di farlo uscire dal vago sulla questione Mezzogiorno, di attendere segnali in controtendenza rispetto ad un “debutto” carente e omissivo. Ma inutilmente. Vedendo il calendario, il brogliaccio di Palazzo Chigi, dove il Sud appare un semplice appunto, c’era da aspettarselo. Quando tutto però pareva declinare in rassegnazione, alla fine c’è voluta una “lettera aperta”, una “lenzuolata” mediatica di Roberto Saviano su la “Repubblica”, per la verità neanche troppo esaltante sotto il profilo delle argomentazioni quasi sempre sul filo di scenari pessimistici, a far correre il governo ai ripari. A questo punto anche se la “strigliata” savianea non è stato un saggio del miglior e più illuminato meridionalismo, priva com’è di approfondimenti, bisogna riconoscere che ha avuto un duplice, rilevante effetto. Sembra aver destato il premier e compagnia cantante proprio durante il delicato viaggio giapponese, da riceverne una piccata reazione e poi ha messo a nudo nettamente la mancanza oggettiva da parte dell’esecutivo di un piano organico, strategico per un serio rilancio del Sud. Lo si sapeva da tempo, ora è venuto meglio a galla per gli elevati echi mediatici suscitati dalla lettera, da spaventare il capo dell’esecutivo, pur maestro in propaganda. A parte i suoi balbettamenti la prova regina è stato quell’annuncio - a sorpresa, come contromisura improvvisata, di 80 miliardi per la infrastrutturazione del Mezzogiorno, che va sottolineato, non sono certo un’anticipata strenna di Natale ma frutto di una laboriosa scrematura, di un arduo recupero di fondi europei. Si tratta di mettere insieme il residuo dei vecchi fondi strutturali 2007- 2013 per il 23% non ancora spesi e dell’aggiuntivo apporto dei fondi 2014-2020, in cui c’è già una disponibilità di una ventina di programmi regionali. Ma è qui lo snodo che chiama in causa anche il governatore De Luca. Mentre nelle altre regioni, ad esempio Puglia e Basilicata, le “autorità di gestione dei fondi”, le amministrazioni di queste risorse assegnate funzionano, in Campania -, lo ha scritto, di recente, un insospettabile economista come Mariano d’Antonio - lasciano a desiderare, “soffrono di disfunzioni, di incompetenza, di pesantezza burocratica”, insomma fanno acqua da tutte le parti. In attesa degli Stati Generali dello Sviluppo economico di settembre, promessi dal governo sulla questione Mezzogiorno, una verifica del motore alla “macchina” dei fondi non guasterebbe. Anzi è di rigore.