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Un grande spreco sulla pelle del Sud

Opinionista: 

Maledetta realtà. Ma come, i dati sulla disoccupazione che continua a crescere dovevano arrivare proprio nel momento in cui Renzi si appresta ad inaugurare l’Expo? Diamine, questa sì che è sfortuna. Mentre oggi il premier decanterà le magnifiche sorti e progressive di un’esposizione che farà ricchi solo i grandi gruppi privati del Nord - per non parlare di imprenditori di note simpatie renziane che hanno vinto appalti senza gara - a noi poveri cristi del Mezzogiorno restano i numeri dell’Istat. A marzo i disoccupati sono cresciuti ancora: altre 52mila persone si sono aggiunte all’esercito dei senza lavoro, mentre la disoccupazione giovanile ha raggiunto il 43,1%. Oggi, all’apertura di Expo, il premier dirà qualcosa in merito? Certo che no. Il Governo è in tutt’altre faccende affaccendato, deve incassare una scontata fiducia sulla legge elettorale. Un’arma di distrazione di massa: l’inaugurazione di Expo e l’Italicum servono a non parlare della disoccupazione che continua a crescere, delle aziende che chiudono e del Sud ormai trasformato in un deserto industriale. Una gigantesca macchina di propaganda del nulla, che nasconde la realtà di una Nazione alla deriva e di un Mezzogiorno totalmente abbandonato a se stesso. Proprio l’Expo appare sempre più un’occasione persa per il Sud. Intendiamoci, i conti si faranno alla fine, ma fin d’ora si può dire che uno sconfitto c’è già: il Mezzogiorno e i suoi ragazzi. Nelle ultime settimane, per mascherare questo fallimento, il sistema mediatico renziano ha provato a veicolare la seguente notizia: “8 su 10 rifiutano i contratti dell’Expo a 1.300 euro”. E giù con la solita retorica condita da accuse ai giovani di essere bamboccioni, perditempo, fannulloni e chi più ne ha più ne metta. Come dire: la colpa non è del Governo che i posti li offre, ma di chi li rifiuta. Poi però è emersa la verità: si è scoperto che in tanti casi gli stipendi promessi venivano poi ridimensionati del 50% e oltre, che i selezionatori erano accusati di scarsa professionalità e così via. Per non parlare dei contratti a 500 euro al mese, dei quali tolte le spese restano le briciole. Come ha denunciato uno dei ragazzi, «ho rifiutato perché con 150 euro al mese non mangio». Il ragionamento non fa una grinza. È vero che un lavoro da 500-600 euro è meglio di niente, ma questo paradigma vale solo per i giovani dell’hinterland milanese e per i figli di papà, cioè quelli che possono permettersi di fare un’esperienza importante vicino casa o sostenuti dalla famiglia. Ebbene, la fiera delle tangenti nordiche e degli appalti truccati; l’esposizione che si prefigge di rilanciare il Made in Italy e la buona alimentazione e poi si fa sponsorizzare da multinazionali come Coca Cola e McDonald’s, offre contratti da fame accessibili solo a giovani settentrionali di famiglia benestante. Sarà pure lo stil novo renziano, ma a noi pare un gigantesco inganno sulla pelle del Sud. L’Expo doveva essere l’occasione per coinvolgere l’Italia produttiva della filiera dell’alimentazione. Avrebbe dovuto valorizzare al massimo le piccole e medie imprese, soprattutto meridionali, campioni dell’eccellenza agroalimentare. Invece i piccoli produttori del territorio sono stati tagliati fuori, privilegiando ancora una volta i grandi gruppi, le grandi catene alimentari, i soliti noti, gli amici e gli amici degli amici. Ecco perché Expo si candida ad essere un grande spreco: perché non valorizza questa Italia. Si è tanto discusso del ritardo delle opere edilizie, ma nessuno si è soffermato sul gigantesco ritardo del decentramento di incontri e attività, perché chi verrà da noi per l’Expo è anche un turista. Insomma, Expo è il paradigma dell’espropriazione della sovranità dei contadini e dei cittadini.