Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

Un palazzo da salvare

Opinionista: 

Il mondo culturale e accademico cittadino non ha mostrato alcun interesse al Grande Progetto Centro Storico della Regione Campania del quale ho scritto giovedì scorso su questo giornale. Voglio sperare di suscitarlo stavolta con la denuncia di una vicenda scandalosa. Tra la piazzetta Nilo e la Chiesa di San Nicola a Nilo, sul tratto più stretto di via San Biagio dei Librai, sorge uno stupendo palazzo fatto erigere nel 1400 dai Carafa Conti di Montorio, su progetto dell’architetto Gian Francesco di Palma. Le cronistorie cittadine lo segnalano perché vi nacque nel 1476 Gian Pietro Carafa che nel 1555 salì al soglio pontificio alla veneranda età di 79 anni col nome di Paolo IV. E lo magnificano per le splendide decorazioni, tra le quali le insegne della famiglia sovrastate dal cappello cardinalizio di Pietro Carafa. La caratteristica notevole del palazzo è lo straordinario cornicione, costituito da una fitta sequenza di monoliti di piperno, sagomati a mensola e aggettanti per un metro e mezzo dalla facciata su Spaccanapoli. Trasformato in un condominio nei secoli successivi ebbe inizio un processo di degrado della fabbrica rinascimentale. In particolare del cornicione la cui pericolosità si accentuò dopo un disastroso incendio. La domenica del 28 marzo del 1943 la nave “Caterina Costa”, adibita ai viaggi per il trasporto di viveri e munizioni, scoppiò nel porto di Napoli e rottami infuocati piovvero su molti palazzi cittadini. Alcuni di questi rottami caddero sul palazzo Carafa causando il crollo del grande tetto e di tutti i solai interni, lasciando miracolosamente in piedi le pareti perimetrali. Lo scheletro murario, evocatorio di un antico passato di splendore, è arrivato fino ai giorni nostri in precarie condizioni di stabilità e nella totale indifferenza delle amministrazioni comunali e anche del mondo culturale cittadino che non l’hanno mai degnato della benché minima attenzione. Nemmeno quando nel 1995 il centro antico, ossia la Napoli greco-romana, venne incluso dall’Unesco nel patrimonio dell’umanità. Se n’è occupato da par suo Roberto Pane su “Napoli Nobilissima” per denunciare le deplorevoli condizioni di degrado della storica fabbrica e il pericolo che qualche monolito, stanco di resistere alle aggressioni del tempo e degli agenti atmosferici, potesse staccarsi dalla muratura e cadere in testa a qualche malcapitato con conseguenze tragiche. “C’è da sperare che, cadendo, sfiori qualche assessore comunale e che la paura lo induca ad occuparsi del palazzo”, scrisse, tra l’altro, “conscio di essere additato come menagramo”. Ma, per fortuna dell’assessore e di Pane, nessun monolite è mai caduto. Devo ricordare l’interessante progetto di restauro e di riutilizzo degli studenti della facoltà di architettura, pubblicato nel libro “Napoli-il tema della doppia facciata” di Sandro Raffone, edito da Clean nel 2000. Merita una particolare lode l’intervento dell’architetto Ugo Carughi della Soprintendenza ai Beni architettonici di Napoli, che ha rifatto il tetto e ha consolidato il cornicione eliminando così il pericolo di crolli, ma, per l’esaurirsi delle disponibilità economiche, ha lasciato il palazzo nelle condizioni di degrado in cui si trova da settantadue anni. Trovo perciò sommamente deplorevole che il Grande Progetto Centro Storico della Regione Campania non abbia previsto l’acquisizione al demanio comunale e il restauro e il riutilizzo a scopi culturali del palazzo Carafa di Montorio. Una operazione del tutto necessaria e urgente anche per il fatto che il palazzo è attraversato dal vico Fico al Purgatorio, che collega via dei Tribunali con via San Biagio dei Librai, mediante un antro a volta alto fino al primo piano, eternamente in ombra, divenuto da decenni un ricettacolo di rifiuti di ogni genere. Un antro che deve essere chiuso per esigenze di carattere igienico (la monnezza è una presenza storica) e di incolumità pubblica (vi è avvenuta più di una aggressione) senza produrre alcun disagio per gli abitanti grazie alla vicinanza di via Nilo e di vico San Nicola a Nilo. Non resta che richiamare su questo stupendo palazzo rinascimentale l’attenzione dell’Osservatorio Permanente Unesco. Sull’interesse del mondo culturale cittadino e sui provvedimenti delle amministrazioni comunale, provinciale e regionale non c’è da fare alcun affidamento.