Antonio Coppola (nella foto) è il Presidente dell’Automobile Club Provinciale di Napoli. Assunto nel 1970 ha fatto la gavetta e, diventato Dirigente Generale dell’Aci con decreto del Presidente della Repubblica del 1997, è stato il Direttore dell’Ente di piazzale Tecchio, fondato nel 1906 per volontà dell’ingegnere Lamont Young, dove ha concluso il suo servizio attivo nel 2011. È stato, tra l’altro, Dirigente Generale Aci Area Sud. È Presidente del Comitato Regionale degli Automobile Clubs della Campania. È componente del Consiglio Generale e del Comitato esecutivo dell’Aci. È componente del Comitato Regionale del Coni Campania. È Stella d’oro al merito sportivo del Coni e ha ricevuto a Washington l’Award dell’American Automobil Association. È Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Personaggio eclettico e poliedrico, è anche giornalista ed opinionista, direttore responsabile della rivista Mondoauto, house-organ del Club, e autore di libri e di numerose pubblicazioni.

Presidente, ci chiarisca, dire Aci e Automobile Club è la stessa cosa?

«Precisiamo. L’Aci è nato insieme all’automobile. Quando questa fece la sua comparsa alla fine dell’800, costava moltissimo e lo comprarono i più facoltosi e i nobili che l’usavano per fini sportivi e turistici. Nel 1898 nacque a Torino un club privato frequentato dai proprietari delle poche auto esistenti. Poi nel tempo se ne aprirono altri nelle città più importanti. Con lo sviluppo della motorizzazione di massa, nel 1927 lo Stato sentì la necessità di registrare le auto e fondò il Pubblico Registro Automobilistico affidandone la gestione alle Federazione di questi club, cioè all’Aci. Nel 1975 l’Aci divenne ente di diritto pubblico non economico, e fu inserito nel parastato. Due anni dopo anche i “federati”, cioè gli Automobile Club provinciali, che hanno una propria autonomia organizzativa e gestionale, divennero enti pubblici, regolati dalla legge n.70/1975».

L’Aci aderisce anche al Coni?

«Sì, come qualsiasi altra federazione sportiva. Pensiamo per esempio alla Figc. A livello mondiale, poi, rappresenta lo sport automobilistico italiano nell’ambito della Fia che è l’equivalente della Fifa, volendo mantenere come riferimento semplificativo il calcio».

Ha iniziato la sua carriera professionale all’Automobile Club di Napoli. Come ci è arrivato?

«Casualmente, perché la giornalista Settimia Cincinnati, nostra amica di famiglia, conosceva il direttore dell’Automobile Club dell’epoca e trovandosi a parlare con lui fece il mio nome. Fui convocato e sostenni un colloquio, perché a quei tempi non c’era ancora l’obbligo del concorso per essere assunti. Lo superai e nel 1970 ebbe inizio la mia avventura che, senza soluzione di continuità, mi ha portato a ricoprire la carica di direttore dell’Automobile Club provinciale, poi di direttore dell’Aci e di dirigente generale. Quindi, dopo la quiescenza, quella di Presidente qui a Napoli».

Per quanto riguarda Settimia Cincinnati c’è un aneddoto a lei molto caro. Ce lo ricorda?

«A lei devo la mia prima “apparizione” su un giornale. Avevo tredici anni e mi citò sul “Roma” nei suoi Mosconi che firmava Cin Cin». Ritornando alla sua carica apicale a Napoli, si è realizzata con un fatto nuovo e del tutto eccezionale. Quale? «Sono stato il primo in Italia ad avere la nomina a direttore di una sede provinciale prima di essere dirigente Aci. La norma prevedeva il contrario, e cioè che il direttore di ogni Automobile Club doveva essere un dirigente dell’Aci. Questo fatto rivoluzionario determinò scalpore e malcontento non solo nell’amministrazione, ma anche in seno alle organizzazioni sindacali. Il presidente della commissione nazionale Aci che aveva competenza in materia, Paolo Lena, zittì tutti dicendo testualmente: “guardate che state parlando di una persona che senza essere un santo ha fatto un miracolo. Coppola ha resuscitato un morto”».

In che senso?

«L’Automobile Club di Napoli era sull’orlo del fallimento per una cattiva gestione dei parcheggi cittadini che curava su concessione comunale. Nonostante non avessi ricevuto ancora la nomina ufficiale a direttore, ma operassi di fatto da “facente funzioni”, rinunciai alla concessione e riconvertii i 150 custodi, senza licenziarne nessuno, e li destinai ad altre attività. Fu un’operazione molto importante e a grande rischio che segnò la mia “consacrazione”».

Quali altri fatti particolarmente significativi ricorda?

«Ho cercato sempre di fare cose nuove e diverse. Sicuramente il grande impulso che ho dato alla informatizzazione e all’attività assicurativa nella quale ho riconvertito molti dipendenti».

Ci spieghi…

«L’Aci ha il 54% delle azioni della Sara Assicurazioni che è la Compagnia assicurativa che proponiamo ai nostri soci. Questo mi ha spinto ad avvicinarmi al mondo delle assicurazioni non solo come fatto interno, ma anche per le problematiche che determina e che interessano tutto il Sud Italia. Sono sostanzialmente un combattente e la mia anima associativa mi spinge a difendere con forza e convinzione i diritti non solo dei nostri soci assicurati, ma di tutti gli automobilisti. Quando l’Antitrust ha iniziato a comminare multe alle compagnie assicurative riunitesi in cartello, sono entrato in conflitto anche con la Sara. Con lo stesso vigore, però, lotto contro l’illegalità degli automobilisti tanto è vero che ho creato il Club della Legalità, che è una novità solo napoletana».

Che cosa è?

«È un club virtuale al quale aderiscono persone di prestigio della società civile, delle istituzioni, dell’arte, della cultura, dello sport. Firmano messaggi, che abbiamo precostituito, per la difesa della legalità e della sicurezza stradale ai quali diamo una diffusione capillare. In particolare difendiamo la vita degli automobilisti e motociclisti dagli incidenti stradali. In Italia attualmente muoiono 3.500 persone e ci sono 270mila feriti l’anno. Il nostro slogan è “voi rispettate le norme del codice della strada perché altrimenti fate gli incidenti e muoiono le persone”».

Qual è il testimonial più rappresentativo?

«L’ultimo, Papa Francesco. Quando è venuto a Napoli gli ho fatto indossare il casco e quell’immagine ha girato in tutto il mondo». Anche il cardinale Sepe le sta molto vicino… «Sicuramente, e a maggio ci sarà la premiazione dell’iniziativa “’A Maronna t’accumpagna, ma chi guida sei tu” che promuoviamo insieme. Stiamo già andando nelle 300 parrocchie di Napoli e provincia per insegnare ai ragazzi delle associazioni cattoliche e delle parrocchie l’educazione stradale per evitare gli incidenti».

Promuove anche dei seminari di studi su queste problematiche…

«Ho costituito degli “incontri” di studio nei quali sono dibattuti problemi di ampio respiro che riguardano le tematiche sulla sicurezza e sulla circolazione veicolare e il conseguente impatto ecologico. Fra le tante problematiche trattate, ci siamo occupati anche di quelle relative alle tariffe Rca e ai parcheggiatori abusivi».

È stato in primo piano nella battaglia per fare introdurre nelle scuole l’insegnamento dell’educazione stradale…

«Sono stato uno di quei pochi che andarono dall’onorevole Nilde Iotti con una petizione firmata da 750mila persone con la quale si chiedeva l’inserimento nel codice della strada dell’obbligo di fare nelle scuole corsi di educazione stradale. Dal 1992 quest’obbligo esiste, ma purtroppo i risultati hanno deluso le aspettative soprattutto qui in Campania».

Tanto lavoro, come si ricarica?

«Sono amante del verde e degli animali. Ogni fine settimana me ne vado in buen retiro nella proprietà che mi ha lasciato mio nonno in Irpinia e stacco la spina. Curo i giardini e sto sempre insieme ai miei due cani. Siccome non sono un misantropo, tutt’altro, spesso mi vengono a trovare gli amici».