La sveglia suonò alle sette e mezza precise, facendo letteralmente sobbalzare dal letto il povero ragionier Scognamiglio, portaborse dell’onorevole “Tizio”. Lanciò un’occhiata invidiosa alla consorte che se la dormiva beatamente; quella consorte che, alle tre di notte, in un impeto di “affetto”, gli aveva piazzato d’improvviso, sulla caviglia, un piede ghiacciato, dicendogli: “Gennarì, senti che piedi freddi che tengo”. Si alzò barcollando, raccolse i suoi indumenti nel buio, lanciando una silenziosa maledizione, inciampando nel cavo della televisione posto ai piedi del letto, indi andò nel bagno dove si rase con cura, si cosparse di dopobarba ed indossò camicia e cravatta. Quella, era per lui una giornata particolare. Doveva recarsi a casa dell’ingegnere Sempronio, amministratore della “Edilizia Pubblica spa”, che si era aggiudicato l’appalto per la ristrutturazione di alcuni edifici pubblici, grazie proprio all’interessamento dell’onorevole “Tizio”. Nun era scemo ’o raggiuniere; sapeva bbuono ’e che se trattava, sapeva che l’ingegnere gli avrebbe consegnato il “qualcosa” da portare all’onorevole e, sapeva altrettanto bene che avrebbe avuto anche lui un “qualcosina”; “e chi se ne fotte” pensava tra sé, “mangiano in tanti e magno pur’io!”. Arrivato che fu in via Petrarca, parcheggiò la sua vecchia 127 e si diresse all’ingresso del lussuoso parco. Il guardiano, che ben lo conosceva, gli andò incontro quasi con l’intento di fermarlo “ragioniè e che fate da queste parti?”; “debbo andare dall’ingegnere..” rispose il ragioniere; “ma allora non sapete niente? Ma non l’avete letto il “Roma”? Non l’avete visto il tg della notte?”; “No, veramente io… sono andato a letto presto e…”; gocce di sudore freddo cominciavano ad imperlargli la fronte; “Ecco qua, guardate”, fece il custode, piazzandogli sotto il naso la pagina del “Roma”, su cui primeggiava la foto dell’ingegnere ammanettato. “Mi pareva strano…” continuò il custode, con una punta di malcelata malizia nella voce; “Mi pareva strano...” continuò …”che, con quello che è successo, voi vi faceste vedere qui; infatti appena vi ho visto, ho pensato: ma è asciuto pazzo ’o raggiuniere? Cu chello ca è succieso vene fino a ccà?”. Il poverino non ascoltò oltre e, montato sulla sua vecchia 127 si precipitò di corsa a casa; si chiuse la porta alle spalle; la moglie dormiva ancora saporitamente; si spogliò nel buio assoluto, si infilò nel letto e poggiato un piede alla caviglia della consorte mormorò “Marì, siente che piede friddo ca tengo”. Alla prossima.