Tutt’e mamme s‘’e chiammene ’e figlie ’a sera / Sultanto ”a voce ’e mamma io nun ”a sento… Così recitava la canzone “’A voce ’e mamma” scritta da Peppino Russo nel lontano 1950; da essa, nostro padre ne trasse una commedia che tenne cartello, non ricordiamo bene per quanti mesi, al Salone Margherita; non c’è da stupirsi più di tanto se si pensa che, tra i vari interpreti spiccavano i nomi di: Rosa Moretti (mamma di Isa Danieli) e Gino Maringola; noi due invece, insieme a nostro fratello Pino Moris, eravamo i protagonisti del prologo alla commedia; infatti, alla fine di esso, si chiudeva il sipario e si sentiva dal microfono una voce dire “venti anni dopo”; si riapriva il sipario e venivano in scena gli attori adulti. La trama della commedia era semplice e struggente; il desiderio di un figlio di voler a tutti i costi ritrovare la propria madre. E questi ricordi, quasi nascosti nei files della nostra memoria, sono ritornati prepotentemente alla luce, nell’apprendere la notizia di Abou, un ragazzino di otto anni, nascosto in un trolley, affinchè potesse raggiungere la propria mamma. Come in un dolce flash-back, ci siamo ritrovati ragazzi, col grembiulino nero, seduti al banco di scuola, intingere il pennino nel calamaio e riportare sul quaderno a righe, il riassunto del racconto “Dagli Appennini alle Ande”, tratto dal libro “Cuore”; esso racconta la storia di Marco, un bambino che si imbarca clandestinamente a Genova, su di una nave diretta in America, al solo scopo di riabbracciare la sua mamma. Di acqua ne è passata sotto i ponti da quando, nel lontano 1886 De Amicis diede alle stampe il suo “Cuore”; ma cosa è cambiato da allora? Non di certo i sentimenti, bensì il sistema della clandestinità; se allora Marco era ricorso ad un imbarco clandestino, oggi Abou è stato ficcato in un trolley…sì: in un trolley, come quelli che vediamo a centinaia davanti ai vari banchi check-in aeroportuali e che, all’interno hanno cineprese, macchine fotografiche, costumi da indossare in lontane località esotiche, bijotteria, calzini, mutande ed altri orpelli vari. Ma in “quel” trolley tutto questo non c’era; c’era solo un bambino rannicchiato in posizione fetale, quasi pronto a rinascere a nuova vita, nell’abbracciare finalmente ’A Mamma! Nel momento in cui scriviamo, non sappiamo come la situazione si sia evoluta; sì d’accordo, ci sono leggi da rispettare ma…. ci sono anche quelle non scritte, quelle del Buon Senso e, ci auguriamo che, diversamente dai versi iniziali di questo nostro “fattariello”, il piccolo Abou possa essere finalmente riuscito a risentire quella voce…’A voce ’e Mamma. Alla prossima.