Chi ci segue abitualmente, sa bene come nella divulgazione della scienza cerchiamo di essere il più “scientifici” possibile, ovvero attenerci ai fatti e ai dati, come si conviene alla scienza, che non ha colore politico né secondi fini. In tale direzione volge la nostra posizione in merito al cosiddetto Riscaldamento Globale, che più volte abbiamo analizzato, criticato e sbugiardato, soprattutto in merito a quelle che sarebbero le cause di tale fenomeno. Molte sono state le argomentazioni e le prove scientifiche riportate per dimostrare l’inconsistenza e la capziosità di questa teoria dilagante. Oggi, però, vogliamo scostarci dall’ambito puramente scientifico, per riportare uno stralcio del discorso tenuto da Václav Klaus, presidente della Repubblica Ceca nel decennio 2003- 2012 al contro-vertice dell’Association des Climato-réalistes al Musée Social, Parigi, in contrapposizione alla conferenza internazionale convocata da Emmanuel Macron per sollecitare l’applicazione dell’Accordo di Parigi del 2015. Per inciso, immagino che tutti abbiamo sentito parlare degli “Accordi di Parigi”, ma nessuno di un vertice analogo che si poneva quesiti in direzione opposta. «La dottrina del riscaldamento globale è un arrogante insieme di credenze, se non addirittura una religione, che mette a repentaglio la libertà e la prosperità del genere umano. Essa vive indipendentemente dalla scienza climatica. Le sue dispute non riguardano le temperature, esse fanno porte del “conflitto delle ideologie”. Non sono d’accordo con il cosiddetto consensus proclamato riguardo a questa questione da parte degli allarmisti del riscaldamento globale. Il vero consensus è molto piccolo. Gli scienziati (e tutti gli esseri umani razionali) concordano che le temperature si sono alzate negli ultimi due secoli e che le attività umane potrebbero aver influito in qualche modo: tutto qui. È evidente che sia le dimensioni del riscaldamento sia le sue cause continuano a essere oggetto di accesi dibattiti. A questo riguardo non esiste assolutamente alcun consensus. I politici che hanno firmato due anni fa l’Accordo di Parigi, o non sono consapevoli della sua mancanza di basi scientifiche, o ne sono consapevoli ma hanno firmato comunque perché era utile ai loro interessi personali o politici. Forse c’entrano entrambi i motivi: l’ignoranza e la disonestà. I politici hanno capito che giocare la carta del riscaldamento globale è un gioco facile, almeno a breve o medio termine. E sanno che, a lungo termine, saremo tutti morti. Il problema è che i politici non considerano le conseguenze a lungo termine delle politiche che si basano su questa dottrina. La dottrina del riscaldamento globale si può sintetizzare come segue: 1. Esiste un riscaldamento indiscusso e indiscutibile, confermato empiricamente, statisticamente significativo, globale e non locale; 2. La sequenza temporale delle temperature globali dimostra un trend crescente che domina le loro componenti cicliche e random. Questo trend si dà per nonlineare, forse esponenziale; 3. Il trend viene dichiarato pericoloso per la gente (agli occhi degli ambientalisti “soft”) e per il pianeta (dagli ambientalisti “deep”); 4. La crescita delle temperature medie globali è postulata come fenomeno puramente o maggiormente causato dall’uomo attribuibile alle crescenti emissioni di Co2 dalle attività industriali e dall’uso dei combustibili fossili; 5. Si pone in premessa una grandissima sensibilità delle temperature globali a variazioni anche piccole nella concentrazione di Co2 nell’atmosfera; 6. Gli attuali aumenti di temperatura si possono ribaltare con una riduzione radicale delle emissioni di Co2, che andrebbero organizzate dalle istituzioni della «global governance». Si dimenticano di dirci che questo non è possibile senza minare la democrazia, l’indipendenza dei singoli paesi, la libertà umana, la prosperità economica e la possibilità di eliminare la povertà nel mondo. Io non credo a nemmeno uno di questi sei articoli di fede e sono felice di non essere il solo. Ci sono molti naturalisti e anche molti sociologi, e soprattutto molti economisti, che non ci credono neanche loro. Il problema è che gli scienziati veri (o almeno, la maggior parte di loro) fanno scienza e non sono disposti a farsi coinvolgere nella discussione pubblica di questa dottrina. Come cambiare? Temo che la scienza stessa non lo farà. La Dottrina del Riscaldamento Globale non si basa sulla scienza. Di conseguenza il dibattito scientifico non lo può delegittimare. Temo anche che un cambiamento decisivo non potrà avvenire in base a nuovi dati empirici. È evidente che gli attuali dati sulle temperature non confermano né i punti di vista allarmisti e apocalittici dei credenti nella Dottrina del Riscaldamento Globale né le loro ipotesi quasi-scientifiche intorno all’esclusività del rapporto fra Co2 e temperature. Com’è noto, i dati statistici non mostrano un riscaldamento globale per i 18 anni intercorsi fra il 1998 e il 2015. Né ci sarà di aiuto approfondire sempre di più gli aspetti tecnici, perché ai sostenitori della Dottrina del Riscaldamento Globale non interessano. Le loro idee sono le idee di ideologi, non di scienziati o climatologi. Dati e teorie, per quanto sofisticati, non cambieranno i loro punti di vista. Lo stesso vale per la dimensione economica di questo dibattito. Se qualcuno vuole ridurre se non addirittura eliminare le emissioni di Co2 deve o aspettarsi una rivoluzione nell’efficienza economica (che determina l'intensità delle emissioni) oppure un declino economico mondiale. Non è possibile nessun’altra alternativa».