Lo scorso 5 luglio, a quasi cinque anni dal lancio, la sonda della Nasa denominata Juno ha raggiunto il suo obiettivo: il pianeta Giove. Lanciata il 5 agosto 2011 ha percorso il suo lungo viaggio grazie ai tre pannelli solari di nove metri l’uno ad alta efficienza che gli hanno permesso di funzionare anche dove la radiazione solare arriva attenuata fino a meno del 5% di quanto arrivi sulla Terra. Finalmente, dunque, è partita la vera e propria missione di studio del più grande pianeta del sistema solare. Grazie a 9 strumenti di misurazione altamente sofisticati, la missione farà chiarezza sui più grandi misteri scientifici che avvolgono il pianeta: innanzitutto cercherà di trovare indizi per comprenderne l’origine, per la quale sono state prodotte varie teorie, tre delle quali attualmente ancora valide; esaminare la superficie del pianeta per capire se presenta una struttura rocciosa o è solo un ammasso gassoso, e quindi una stella mancata come prevede una delle teorie sulla sua natura, e individuare l’eventuale presenza di un nucleo solido; studiare la magnetosfera e decifrarne la natura che dà luogo ad un campo magnetico pari a circa 14 volte quello terrestre e l’interazione che questo ha con l’atmosfera producendo aurore caratteristiche e visibili anche dalla Terra; verificare l’esistenza di acqua, la sua abbondanza e distribuzione; approfondire le caratteristiche dell’atmosfera gioviana, dei suoi venti e dei gas quali azoto e ossigeno. La missione, quindi, si propone di studiare il “Gigante” del sistema solare per comprenderne la sua formazione al fine di interpretare la genesi dell’intero sistema solare ed, eventualmente, dei sistemi planetari che si formano attorno ad altre stelle. Le 9 apparecchiature di cui si faceva cenno sono altamente specializzate: 6 di queste, infatti, sono destinate esclusivamente allo studio dell’atmosfera e del campo magnetico; a queste è affiancata una telecamera che invierà un flusso costante di immagini che permetterà agli studiosi, con un ritardo di circa 48 minuti necessari affinché i dati percorrano la distanza fino alla Terra, di seguire passo dopo passo tutti gli esperimenti eseguiti dalla sonda. A questa missione così importante non poteva mancare il contributo italiano. Due saranno le strumentazioni di alta precisione che ci rappresenteranno nelle ricerche: innanzitutto uno spettrometro ad immagine infrarosso JIRAM (Jovian InfraRed Auroral Mapper) il cui responsabile scientifico è Alberto Adriani dell’INAF di Roma, realizzato grazie al contributo della Divisione Avionica di Leonardo-Finmeccanica; a questo si affianca uno strumento che servirà allo studio della gravità e della magnetosfera chiamato KaT (Ka- Band Translator) prodotto da Thales Alenia Space- I il cui responsabile è Luciano Iess dell’Università La Sapienza di Roma. Anche se il lungo viaggio non ha prodotto alterazioni nella struttura della sonda, le condizioni presenti nell’atmosfera di Giove sono tali che le radiazioni non permetteranno una vita della stessa oltre l’anno e mezzo, nonostante le spesse pareti di titanio a protezione del piccolo laboratorio. Ma fino alla fine si attendono informazioni preziose infatti, come ultimo atto, è previsto che nei primi mesi del 2018 si tuffi nell’atmosfera dove, prima di bruciare definitivamente, ne studierà le caratteristiche in modo più ravvicinato.

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