Stress-cancro: riscontrata probabile relazione
di Michele Sanvitale
Mar 26 Aprile 2016 13:19
Che lo stress potesse creare un ambiente fertile alla proliferazione di manifestazioni cancerose era da tempo preso in considerazione, con ipotesi più svariate, come la produzione di ormoni detti proprio “dello stress” (la noradrenalina o norepinefrina) che avrebbero potuto predisporre fattori favorevoli allo sviluppo di tali patologie. Oggi, grazie ad una ricerca coordinata dalla Monash University di Melbourne (Australia), con il contributo dell’Istituto Europeo di Oncologia e pubblicata sulla rivista Nature Communications, qualche riscontro a tale ipotesi sembra più concreto. Il gruppo di studio ha verificato tali circostanze su cavie da laboratorio per l’evoluzione del cancro alla mammella. La ricerca ha messo in luce dei meccanismi grazie ai quali lo stress cronico agevolerebbe alcuni cambiamenti nell’organismo, tra cui la formazione di vasi sanguigni e la stimolazione di cellule infiammatorie che favoriscono la formazione di metastasi, agendo quindi sul sistema linfatico a partire proprio dal tumore, affinché quest’ultimo trovi una corsia preferenziale per diffondersi. Il fenomeno è illustrato da Erica Sloan, co-autrice dello studio: «Lo stress influenza non solo il nostro benessere psicologico, ma anche la nostra biologia. In particolare, il nostro lavoro fa luce sulle prime fasi della disseminazione delle cellule tumorali all’interno del sistema linfatico. Abbiamo trovato nei modelli animali che lo stress favorisce la creazione di nuovi vasi linfatici che diffondono il tumore e, allo stesso tempo, modula il flusso della linfa al loro interno. In pratica lo stress aumenta la velocità lungo le nuove vie linfatiche e aiuta le cellule a spostarsi più rapidamente ed espandersi al di fuori del tumore». Il presupposto dal quale sono partiti gli studiosi è stato, quindi, di contrastare proprio lo stress. A tal fine hanno somministrato, ad un gruppo di pazienti colpite da cancro mammario, betabloccanti. Questi sono farmaci molto noti, a basso costo e con minimi effetti collaterali, che vengono abitualmente utilizzati per soggetti affetti da ipertensione perché la loro proprietà fondamentale è di contrastare proprio quegli “ormoni dello stress” che andrebbero ad agevolare la progressione tumorale. Il riscontro di tale teoria è avvenuto grazie al contributo dei ricercatori della Divisione di Epidemiologia e Biostatistica dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO). Qui, grazie allo studio sui casi citati di tumore alla mammella, è stato confermato il contributo dei betabloccanti: le pazienti in terapia con questi farmaci, infatti, hanno avuto un’incidenza minore di linfonodi colpiti da metastasi. Sara Gandini, una delle ricercatrici dell’IEO, approfondisce la tecnica: «Abbiamo osservato che nei topi l’allontanamento del piccolo dalla madre provocava una progressione tumorale più rapida. Inoltre, anche in un altro lavoro condotto dalla divisione di psiconcologia dell’IEO pubblicato recentemente, abbiamo mostrato che le relazioni parentali, unitamente a importanti eventi stressanti come le situazioni sentimentali e affettive impegnative o negative, sono determinanti nell’evolversi della malattia. L’aspetto psicologico è infatti intimamente intrecciato alla risposta fisiologica del paziente e per questo molta parte del nostro lavoro futuro è, e dovrà essere, sempre più in collaborazione con epidemiologi, biologi, oncologi e psiconcologi. Si tratta di osservazioni frutto di anni di ricerche pubblicate in tutto il mondo su questo aspetto, ora confermate dall’approccio farmacologico e dagli studi sui topi. Per confermare che i betabloccanti possono costituire un valido trattamento in ambito oncologico, abbiamo ora bisogno di sperimentazioni randomizzate. Per questo stiamo disegnando due studi multicentrici: uno ancora sul tumore del seno e l’altro per pazienti con melanoma». mi_sa@inwind.it