TARANTO. Il governo scende in campo a Taranto. Mentre il titolare del Mise Stefano Patuanelli “sdogana” la nazionalizzazione dell’Ex Ilva e continua la sfida M5S-Pd sullo scudo, Giuseppe Conte vola nella sede della più grande acciaieria europea per incontrare i dipendenti. Un atto quasi dovuto vista la crisi scoppiata dal recesso di Arcelor Mittal, con una fase di stallo che potrebbe risolversi solo in un incontro con l’azienda dall’esito incerto. Il premier è atteso da centinaia di persone, con una tensione papabile. Tante grida di protesta e il coro dei tarantini: «Noi vogliamo vivere, la fabbrica va chiusa». Davanti al cancello dello stabilimento cittadini e cassintegrati, che vedono nell’ex Ilva il mostro che «fa morire i nostri figli». Il premier a fatica entra nella struttura ed è qui che si manifesta l’altra Taranto, quella degli operai che non vogliono andare a casa e che pretendono una nuova Ilva. Conte partecipa al consiglio permanente di Fim, Fiom e Uilm, ed il clima è totalmente diverso. Dal «non ci rappresenta» si passa all’applauso e alla soddisfazione: «Siamo contenti che sia venuto». Sul tavolo però rimane sempre lo stesso nodo: a che punto è la trattativa con Mittal? Dopo l’ultimatum di 48 ore dell’esecutivo, di fatto non è mai partita e, secondo quanto si apprende, un nuovo incontro sarebbe fattibile solo la prossima settimana, forse martedì. La battaglia ora è tutta politica, con Patuanelli che ammette: «Nazionalizzare non è un tabù». Coinvolgendo magari Cassa Depositi e Prestiti, anche perché Jindal ha smentito ufficialmente ogni interesse. La battaglia sull’ex Ilva è ad ora molto politica, con lo scudo penale che rimane assai divisivo. I dem al momento temporeggiano, auspicando che si trovi prima un’intesa sugli esuberi per dover evitare di presentare un emendamento per rimettere in gioco la tutela legale.