La nuova legge sulla cannabis, tra Commissione di Giustizia e Corte Costituzionale
di Redazione
Lun 21 Marzo 2022 16:51
Il nuovo ddl per la coltivazione domestica della cannabis è stato bloccato: ecco perché
Ultimamente si è parlato tanto di alcune possibili novità in arrivo relative a modifiche della legislazione italiana sulla cannabis che ne avrebbero permesso la coltivazione domestica.
Chi acquista semi femminizzati, ha seguito con attenzione queste vicende e ha iniziato a sperare in una vera e propria rivoluzione normativa, tanto da prepararsi all’avvento di una nuova era nella quale avrebbe potuto utilizzare questi prodotti per qualcosa di più del semplice collezionismo.
Di recente, però, questa situazione ha subito un’evoluzione inaspettata: ecco cos’è successo.
Ddl legalizzazione della marijuana a uso personale: ecco cosa proponeva
L’attuale normativa sulla cannabis, fondata sul Testo Unico Stupefacenti del 1990, consente la compravendita e la detenzione di semi di questa pianta solo per fini collezionistici e di preservazione delle genetiche: chi acquista questi prodotti non può utilizzarli per coltivare esemplari di marijuana.
Tuttavia, recentemente ci sono stati degli sviluppi che avrebbero potuto rivoluzionare la legislazione italiana in materia.
Lo scorso anno, infatti, la Commissione di Giustizia della Camera dei Deputati ha approvato un nuovo ddl che proponeva delle importanti innovazioni su questo tema. I punti su cui si fondava la proposta di legge erano i seguenti:
- depenalizzazione della coltivazione domestica di cannabis per uso personale, per un massimo di 4 piantine femmine, ovvero quelle che producono le infiorescenze dalle quali si ricava il THC;
- riduzione delle pene previste contro i reati di lieve entità. Attualmente, infatti, la normativa italiana non fa distinzione tra gli illeciti riguardanti la cannabis e quelli riguardanti le droghe pesanti. In altre parole, chi compie reati di lieve entità corre gli stessi rischi, sia che si tratti di marijuana che di cocaina, eroina, ecstasy ecc.;
- inasprimento delle pene contro illeciti di particolare gravità, quali lo spaccio ai minori e l’associazione a delinquere.
La notizia dell’approvazione del ddl da parte della Commissione di Giustizia ha entusiasmato i promotori della legalizzazione della cannabis che hanno percepito questo evento come un primo passo verso il raggiungimento dei propri obiettivi.
Come vedremo nel prossimo paragrafo, però, la proposta è stata recentemente bocciata proprio quando sembrava a un passo dall’essere sottoposta al parere degli elettori.
Questa la decisione della Corte Costituzionale in merito al referendum sulla cannabis
Come noto, i sostenitori della proposta sopracitata hanno cercato di inserirla all’interno della normativa italiana sulla cannabis attraverso la proposta di un quesito referendario mirato alla modifica del Testo Unico Stupefacenti.
L’iniziativa, però, non ha superato l’esame della Corte Costituzionale che, tramite le parole del suo presidente Giovanni Amato, ha giustificato la propria decisione sostenendo che il referendum era inammissibile, in quanto “sufficiente a farci violare obblighi internazionali”.
Il problema, secondo il massimo organo di giustizia italiano, sta nel fatto che uno dei 3 sottoquesiti mirava a eliminare il verbo ‘coltiva’ dal comma 1 dell’articolo 73 del TU, che si riferisce al papavero e alla coca (droghe pesanti) e non alla cannabis. Insomma, accettare il referendum avrebbe significato dare il via libera alla produzione di cocaina, oppio, eroina ecc.
Questa giustificazione, però, non è sostenibile secondo i sostenitori della proposta perché il comma dedicato alla cannabis, rimanda a quello relativo alle droghe pesanti: dunque, l’unico modo per depenalizzare la coltivazione di questa pianta, era fare la stessa cosa per il papavero e per la coca.
Per quanto riguarda le accuse di introdurre una proposta che avrebbe portato alla libera produzione di droghe pesanti, anche questa convinzione è stata contestata da coloro che appoggiano il referendum: eroina, cocaina e tutti gli altri stupefacenti del genere, infatti, non possono essere ottenuti semplicemente coltivando le relative piante.
Queste sostanze necessitano di una complessa procedura di raffinazione, e queste attività sono espressamente indicate dal comma 1 dell’articolo 73 del TU. Insomma, l’eliminazione della parola ‘coltiva’ avrebbe influito solo sulla cannabis, l’unica sostanza stupefacente che non ha bisogno di essere ulteriormente lavorata per essere consumata.
E c’è di più: la bocciatura di questo sottoquesito ha trascinato con sé anche le altre 2 proposte che miravano alla riduzione delle sanzioni comminate a coloro che fanno uso personale di marijuana, che pure avevano ricevuto un ampio consenso da parte delle forze politiche.
In conclusione
Abbiamo spiegato qual è stata la decisione della Corte Costituzionale in merito all’ammissibilità del quesito referendario relativo alla depenalizzazione della coltivazione domestica della marijuana.
L’esito di questa vicenda è stato un brusco stop del processo di graduale legalizzazione della cannabis che sembrava essere la destinazione finale dell’evoluzione della normativa italiana in materia.
I sostenitori della marijuana, però, si dicono più combattivi che mai e promettono di proseguire la loro lotta attraverso tutti i mezzi che la legge mette loro a disposizione.
In attesa di ulteriori sviluppi, dunque, i semi di cannabis possono essere acquistati presso i migliori rivenditori del settore, come il noto Sensoryseeds, solo a scopo collezionistico o di preservazione delle genetiche.