
Nunzia Gionfriddo: “Cioccolata calda per due”
di Redazione
Mer 23 Febbraio 2022 08:55
La scrittrice Nunzia Gionfriddo ha dato alle stampe “Cioccolata calda per due” (edito da Phoenix Publishing), romanzo vincitore del Premio Milano International.
“Un romanzo complesso, vagamente romantico, anche se il titolo trae in inganno. Il titolo rimanda infatti a una storia d’amore, in realtà quello che vibra nelle 214 pagine del libro non è l’amore che il lettore si aspetta. Al centro della narrazione, storie di guerra, tenerezza, paura, attese”, si legge nel comunicato stampa.
Per l’occasione, abbiamo posto alcune domande all’autrice.
Ci sono alcuni passaggi contenuti nelle “Note dell’autore” e nella “Postfazione dell’autore” che elevano il valore “storico” del Suo libro ad “antropologico” e che mi inducono a farLe una duplice domanda. Quanto accaduto tra “il 1945 e il 1993 a Trieste e nelle terre dell’Istria, Dalmazia e della Jugoslavia di Tito”, da Lei così accuratamente ricostruito, raccontato e soprattutto analizzato, è espressione di una parte della natura umana che già Plauto prima nell’Asinaria e Hobbes poi nel De Cive perfettamente sintetizzavano nel concetto di “Homo homini lupus”. I libri di storia sono, per la maggior parte, composti dalla narrazione di eventi bellici. Quale è la sua opinione in merito a questa triste propensione dell’essere umano a sopraffare il prossimo e vede la possibilità di un suo effettivo e radicale cambiamento volto alla pace e alla cooperazione tra popoli e nazioni?
N.G. - 'Le risponderò da studiosa di filosofia, senza esimermi dal esporre la mia idea. E naturalmente da laica quale sono. Penso che solo le filosofie religiose, di qualsiasi credo, risponderebbero alle sue domande con un ottimistico “homo homini deus, si suum officium sciat” di staziana memoria. No, non credo che sia così . E non solo nelle guerre. Penso che l’essere umano sia anche un animale (come derivato della natura, naturalmente) e, come tale, agisca secondo l’istinto di sopravvivenza e convenienza, tant’è che le leggi nelle società antiche nascono, secondo me, proprio da queste esigenze. Non esiste altruismo o egoismo negli uomini, così come non esiste nel mio gattino che mi ronza intorno solo quando vuole qualcosa o nel leone che divora la gazzella perché ha fame. “Homo homini lupus”! Il più debole deve sottomettersi al più forte. Viene di conseguenza la seconda risposta. Spero nella pace per il solo fatto che mi auguro che gli uomini trovino in essa un profitto. I miei angeli del rione Sanità, sono stati piccoli eroi, partigiani che hanno combattuto per la pace, ma di fronte ad altri carnefici, hanno dimenticato tutto per vendere la pelle per fame. Li dobbiamo giudicare malvagi o piuttosto vittime del più forte? I morti nelle foibe o uccisi a Sarajevo dalle pallottole dei cecchini o i profughi di Pola o Istria sono gazzelle di fronte ai lupi. Nella Storia cerchiamo i buoni e i cattivi, le vittime e i carnefici, ma chi decide i ruoli? Il mio è realismo, non pessimismo.'
La genesi di “Cioccolata calda per due”, almeno sotto il profilo dell’incipit narrativo, nasce - come da Lei dichiarato - dalla risposta “alla provocazione dello scrittore e regista Alessandro Baricco: ‘Chi vuole scrivere una storia che circoli intorno alla frase: «Pronto, amore...»”. Se gli accadimenti storici possono ritenersi l’ossatura del romanzo, quale è il suo “cuore pulsante”?
N.G. - 'Questa domanda mi imbarazza, perché mi trova apparentemente in contraddizione. La natura dell’essere umano e animale secondo me è quella che le ho descritto prima, ma la storia di Giovanni, Florinda e Svetlana sembra smentirmi. Il “cuore pulsante” è l’amore, no? Mi lasci la contraddizione, o almeno la lasci alla scrittrice, non alla filosofa. Se la storica non può negare i fatti, la scrittrice può permettersi di sognare. Del resto ho espresso qui solo pareri e idee relative, mai assolute.'
Viviamo una contemporaneità accelerata e liquida che ha già invaso il campo di molteplici arti. La scrittura e la stampa dei libri ancora sopravvivono. Quali orizzonti vede Lei per gli scrittori e i lettori che con nostalgica e caparbia volontà continuano a rifugiarsi tra le pagine scritte e stampate di un libro?
N.G. - 'Credo che lo scrittore e il lettore abbiano un desiderio in comune quando scrivono o leggono, tanto più che lo scrittore è anche un lettore che ha imparato dagli altri. Dai libri cerchiamo ciò che non abbiamo. Amore, passione, Storia e storie che non vivremo mai, Luoghi, miti, insegnamenti, riflessioni, divertimento. Ma anche ciò che abbiamo e che ci mette a confronto con gli altri, il sogno. Chi legge quel “Pronto, amore” che apre e chiude il romanzo è speranzoso, che comunque vada, tra foibe, vittime e carnefici, cecchini e feriti a morte ci sia una giustizia (umana o divina) o vinca il desiderio che ciò non accada più. Questo sogno è anche il mio, ma è solo sogno.'
MS