La morte di Maradona è una ferita che resterà sempre aperta nei cuori dei napoletani, perché non è stato semplicemente un calciatore, ma un’icona, un simbolo, una leggenda. Le lacrime versate per Diego non possono essere spiegate semplicemente come dolore per la morte di un campione, ma sono il dolore per la morte di un uomo amato. Forse chi non vive a Napoli e non ha vissuto quegli anni, può pensare che la nostra città sia in lutto per la mancanza del fuoriclasse, ma la verità è molto più profonda. I napoletani non ammiravano più i dribbling, le punizioni, le giocate di Diego ormai da trent’anni, si erano purtroppo abituati a non vederlo più in campo, quindi in questo nefasto 25 novembre di un nefasto anno, non  hanno pianto semplicemente il calciatore, ma l’uomo Maradona, nonostante tutto e al di là di tutto.

In questo momento si rimpiange sicuramente il campione, ma prima di tutto si piange la persona. Diego è stato amato da tutti coloro che lo hanno conosciuto, amici, compagni, tifosi e soprattutto avversari, che gli hanno testimoniato il loro affetto sincero con tantissimi messaggi. La cosa che mi ha fatto più piacere è stato vedere che nessuno ha usato semplici frasi di circostanza, frasi che Diego odiava, perché diceva sempre ciò che pensava, anche a costo di farsi nemici. La storia di Maradona è irripetibile, perché non accadrà mai più che il miglior giocatore del mondo, a soli 23 anni, scelga di giocare in una squadra debole, che non aveva vinto nulla e che lottava da qualche anno per non retrocedere. Senza contare che oggi una squadra medio-bassa non potrebbe neanche pagare lo stipendio al giocatore più forte del mondo.

Altro calcio, altri tempi! Personalmente sarò sempre grato a Maradona per le gioie, le vittorie, ma soprattutto l’entusiasmo che creò a Napoli in quegli anni. La cosa più incredibile è che non ci si limitava a festeggiare a traguardi raggiunti, ma ad ogni gol del Napoli nel corso dell’intera stagione. Ricordo con nostalgia che ogni domenica, ad ogni gol segnato dagli azzurri, migliaia di persone si riversavano fuori ai balconi ad esultare, incluso il sottoscritto, che ogni volta guardava i palazzi di fronte, dove dal primo all’ultimo piano erano tutti fuori ad urlare di gioia. Un entusiasmo del genere non si è mai più visto da nessuna parte, neanche nella stessa Napoli. Era l’epoca delle radioline, quella in cui non era possibile vedere le partite in diretta, ma che paradossalmente era più emozionante. Quando il Napoli giocava in casa, aspettavamo con l’orecchio teso un boato, nella speranza che venisse dal S. Paolo e non da altri campi e spesso, quando gli azzurri erano in trasferta, eravamo piacevolmente ingannati dal boato, che non veniva del pubblico di casa, ma dai tifosi napoletani in trasferta, che riempivano gli stadi del nord.

Diego ci ha regalato tutto questo, Diego è stato un simbolo di riscatto per una città povera, che aveva il disperato bisogno di entusiasmarsi e di sentire un orgoglioso senso di rivalsa. Diego è stato anche un uomo generoso, che ha fatto beneficienza a tanti napoletani, ma la vera beneficienza non si pubblicizza e non finisce sui giornali, come è giusto che sia. Il 25 novembre resterà una data triste per tutti noi, che abbiamo pianto come se avessimo perso un parente, un caro amico, che ha lasciato un grande vuoto. Non mi vergogno di confessare che anche io ho pianto molto e che non sono riuscito a vedere in tv tutti i servizi dedicati a lui, perché non riuscivo a reggere. Voglio solo dire grazie a quest’uomo che ci ha regalato alcune delle emozioni più belle della nostra vita. Con lui va via un pezzo di storia e un pezzo delle nostre vite, ma chi vive nel cuore della gente non muore mai. Grazie Diego, per sempre.