‘A mio padre, alla sua grande intelligenza e alla sua squisita ironia, innamorato di Napoli e della sua gente’. Si apre con questa tenera e malinconia dedica il nuovo libro della scrittrice Maria Primerano. Un’opera scritta tutta in Lingua napoletana e l’autrice ci tiene a specificare che non essendo napoletana ma calabrese e non volendo incorrere in errori linguistici, ha fatto uso di termini napoletani desunti da commedie italiane del Settecento e dalla letteratura italiana del Novecento. Sapendo che l’Unesco riconosce ufficialmente il napoletano per ciò che è: una lingua e non un dialetto. Una lingua, continua l’autrice, che accanto alla tradizione orale fatta di proverbi, detti e una miriade di espressioni idiomatiche, comprende anche un corpus letterario vastissimo costituito da narrativa, poesie, teatro, canzoni.

Un libro che esplode per l’incalzare ritmico di narrazioni, eventi, che sviscera  la musica nella sua immensa complessità che si abbracci con una fantasia che è capace di spostare anche le montagne più alte. La grinta e la passione di questa nuova pubblicazione della irrefrenabile creativa Maria Primerano, si sfiorano sui personaggi, sulle storei si dettagli della narrazione. D’altronde è con la stessa intensità l’autrice che svolge anche il suo operato di cardiologa.

Pianista di successo di musica classica e giornalista nel settore delle arti. È autrice del Mozarteum di Salisburgo, è una narratrice accorata che dedica la sua arte alla riscrittura della storia, del passato e del mito, correndo dietro a favole e sogni e ricercando sempre Arte e Bellezza. Ha pubblicato ‘l’Anello stregato di Mozart’, ‘Le indemoniate- racconti fantastici di Tommaso Campanella al Cardinale Richelieu’  e ‘Rossini Lo stravagante’. E in tutte le libreria questa sua nuova opera buffa, pubblicata con le Edizioni Helicon, dedicata alla figura di Giovanni Battista musicista, e la sua sfortunata storia di vita, conclusasi con la morte per tisi e la sepoltura in una fossa comune, fondanti il lato serio della narrazione, sono il risultato dell'inevitabile suggestione determinata dai tragici fatti del nostro tempo, mentre la storia di Don Lollò, parroco della Cattedrale di Pozzuoli e della perpetua Carmelina, dall'altro lato, scorrendo parallela alla narrazione precedente, ne disegna, nel contempo, il lato faceto, ponendosi in antitesi con essa quasi a volere esorcizzare, in una gabbia di parole, l'orrore, lo sbigottimento e la morte cui stiamo assistendo in piena pandemia da Covid-19.

La creatività del libro nasce grazie a un escamotage narrativo molto fascinoso e suggestivo, quello relativo al culto delle aneme pezzentelle nel Cimitero delle Fontanelle in Napoli, preso in prestito per tracciare le storie e per tessere in modo assai originale, in fondo oltre che tenero e commovente, l'ordito. Un’opera Buffa in cui amori, spaventi, piccoli abbindoli, finzioni, giochi di amanti, situazioni buffe, vissuti nella quotidianità del curato e della perpetua, consentono all’Autrice di portare musica e teatro nel teatro della vita, tra narrazioni e versi che s’inseguono a scialo fino all’incalzare ritmico e risoluto della stretta finale. Il tutto in omaggio a Pergolesi che dell’Opera Buffa ne fu Maestro.

Il libro si conclude con l’elogio della fantasia con un canto di Carmelina che non posso fare a meno di trascrivere e farvi leggere, perché penso che sia dedicato proprio a tutti noi e sia un augurio affinché tutto passi e si ritorni alla nostra tanto amata vita : ‘Pigliammoce sta vita cumme vene, llassammo for a porta a pucundria, mparammece a campa c’a fantasia: nce sta cosa cch iù bella pè campa? A’ fantasia se sceta ogne matina, comme si fosse prencepe rignante, affonna e mane aperte int’e brillante e nun s’è ppiglia: che s’eppiglia a ffà? E che curredo tiene! Nu mantiello ca luce cchiù d’ò sole e nun è d’oro; quanno se mena ncuollo stu tesoro, annaglia a vista: nun se può guardà. Po’ tene nu relogio compiacente, cu sissanta minute d’allegria, mmiez o’ quarante liegge FANTASIA e fa tà-tì tà-ti nun fa ti -tà.’