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L'inchiesta
26 Luglio 2025 - 11:58
L'impronta 33 sul muro della villetta di Garlasco
L'impronta di una mano sul muro. La novità che ha riaperto le indagini sull'omicidio di Chiara Poggi, la 'pistola fumante' che la Procura di Pavia avrebbe voluto mettere davanti agli occhi del nuovo indagato Andrea Sempio - nella convocazione a cui si è sottratto lo scorso 20 maggio - torna a far parlare di sé. Dopo la consulenza degli esperti incaricati dai magistrati guidati dal procuratore capo Fabio Napoleone, la relazione depositata dalle difesa di Sempio e dalla famiglia della vittima, ieri anche gli esperti scelti da Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni di carcere per l'omicidio della fidanzata, hanno tratto le loro conclusioni sull'impronta 33.
L'orma che torna di attualità dopo quasi 18 anni, non è nuova. Nel 2007, i Ris di Parma prelevano frammenti di intonaco dall'impronta, ma il sospetto che ci fosse sangue venne subito smentito: l'Obti test (ancora oggi il più sensibile nel rilevare sangue umano, ndr) fornì "esito negativo". Nessuno allora riuscì a svelare l'identità di quella mano.
Di recente, la Procura di Pavia si è affidata ai dattiloscopisti Giampaolo Iuliano e Nicola Caprioli e ha attribuito a Sempio - scovando ben 15 minuzie - la palmare destra (non databile) trovata sulle scale, all'altezza del terzo gradino, non distante dal corpo senza vita della ventiseienne. Per chi indaga, il killer si è sporto in avanti e ha toccato la parete mentre le impronte insanguinate delle sue scarpe - numero 42, stessa taglia di Stasi - restano sulla soglia del gradino zero. Da anni l'impronta 33 non esiste più, l'intonaco è finito rendendo impossibile nuovi accertamenti biologici.
E' la Procura di Pavia a chiarire che di sangue sull'impronta 33 non si può parlare. Il procuratore Napoleone spiega - con un comunicato ufficiale dello scorso maggio - che il colore rosso della foto è dato dalla "ninidrina", il reagente utilizzato per risaltare la traccia, e a inizio luglio il procuratore aggiunto Stefano Civardi è ancora più chiaro. L'intonaco grattato risulta "interamente utilizzato - dopo essere state verosimilmente pregiudicate dall'azione inibente della ninidrina - per indagini biologiche, come riferito ai pubblici ministeri il 9 giugno 2025 dal tenente colonnello (del Ris di Parma, ndr) Alberto Marino" si legge in un atto in possesso dell'Adnkronos.
Il materiale 'grattato' non c'è nei reperti oggetto dell'incidente probatorio, "sicché, all'evidenza, non è possibile procedere ad accertamenti biologici sul reperto fotografico dell'impronta", aggiunge Civardi nero su bianco, mettendo fine all'ipotesi di ogni ulteriore approfondimento. Una conclusione che contrasta con la visione dei consulenti di Stasi. "L'analisi tecnica-dattiloscopica attuata sull'impronta numero 33 - si legge nella relazione tecnica firmata da Oscar Ghizzoni, Pasquale Linarello e Ugo Ricci - unitamente alle prove sperimentali effettuate sul muro con intonaco a diverse condizioni, consentono di ritenere che tale impronta fosse imbrattata di sudore e materiale ematico" probabilmente della vittima. Un'ipotesi, ricostruita su foto, destinata a restare tale. Se pm e difesa del condannato convergono nel ritenere quella traccia di Sempio, di opposto avviso sono gli altri consulenti.
"L'impronta latente numero 33 non presenta un numero sufficiente di corrispondenze valide per consentirne l’attribuzione certa all’indagato Andrea Sempio, esibendo al massimo soltanto 5 punti caratteristici, reali e obbiettivamente riscontrabili, che la rendono non utile per i confronti. E' verosimile ritenere che le evidenze erroneamente indicate dai consulenti della Procura, siano da imputare a interferenze murarie, non a strutture papillari reali" è la tesi dei consulenti di Sempio, Luigi Bisogno e l'ex generale del Ris Luciano Garofano che, in un'integrazione, rimarcano ulteriormente che "il rilievo numero 33 non presenta caratteristiche strutturali, morfologiche o geometriche idonee per poterne sostenere l'attribuzione all'indagato Andrea Sempio". Conclusioni condivise da Calogero Biondi e Dario Redaelli, consulenti della famiglia Poggi, per i quali l'impronta 33 non è di Sempio ed è stata prodotta da un palmo "in movimento, sudato, magari sporco, ma non insanguinato".
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