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«Tablet e pc utilizzati per chat porno nel carcere di Airola»

«Tablet e pc utilizzati per chat porno nel carcere di Airola»

BENEVENTO. Invece che per i colloqui, i computer e i tablet messi a disposizione dal ministero della Giustizia per ovviare alla sospensione degli incontri con i parenti, sono utilizzati dai detenuti del carcere minorile di Airola per chat pornografiche e per inviare delle proprie foto a canali televisivi locali. La denuncia del sindacato di Polizia Penitenziaria Sappe.

«È successo - denuncia Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria - perché, ed è veramente grave ed assurdo, gli apparati tecnologici forniti alla Direzione per effettuare questi colloqui non erano stati bloccati proprio ad usi illeciti, come questo. La situazione nel carcere minorile di Airola ormai è fuori controllo: e questo anche a causa della mancanza di un direttore in pianta stabile».

«Quotidianamente, solo grazie a esperienza e professionalità, - continua Donato Capece - la Polizia Penitenziaria riesce a prevenire e reprimere reati d'ogni genere, che si verificano all'intero degli istituti».

«Nonostante nella maggior parte degli istituti penitenziari si stiano adottando misure di sicurezza basate sulla dinamicità e sulla videosorveglianza, che a nulla servono se non si prevede l'obbligo del lavoro per i detenuti, non ci sono telecamere e altri sistemi di sicurezza che possano intervenire e sostituire la professionalità della Polizia Penitenziaria» dice ancora Capece.

Il segretario generale del Sappe conclude evidenziando come «quel che è accaduto ad Airola dimostra che la tensione che caratterizza le carceri, al di là di ogni buona intenzione, è costante. Le carceri sono più sicure assumendo gli Agenti di Polizia Penitenziaria che mancano, finanziando gli interventi per potenziare i livelli di sicurezza delle carceri, come ad esempio i body scanner che potrebbero comunque aiutare molto in termini di prevenzione e contrasto circa l'introduzione di materiale illecito e non consentito nelle carceri». 

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