Antonio Maglione e Carlo D’Angelo erano  stati condannati rispettivamente ad anni sette di reclusione  per i delitti di estorsione ed usura, condanna inflitta dal Tribunale di Benevento e confermata in data 22.03.18  dalla Corte di appello di Napoli - IV sezione penale.

Le prove a carico erano rappresentate dalle dichiarazioni della persona offesa e da intercettazioni telefoniche disposte nell’inchiesta condotta nei confronti del clan Pagnozzi, ramificatosi sino alla città di Roma come emerso nella recente inchiesta denominata “Camorra capitale”. Il verdetto, però, è stato completamente ribaltato  dalla  Corte di Cassazione.

Infatti, la sesta sezione penale  della Suprema Corte, presieduta dal dott. Tronci e che ha visto come relatore il dott. Costanzo, a fronte della richiesta del Procuratore Generale dott.ssa De Masellis che aveva concluso per il rigetto del ricorso di Maglione e l’accoglimento del ricorso di D’Angelo, ha accolto in toto le argomentazioni formulate dal collegio difensivo dei due imputati, difesi dagli avvocati Dario Vannetiello (nella foto), Francesco Perone e Vittorio Fucci, giungendo ad annullare  in toto la sentenza  di condanna. Dovrà  quindi procedersi ad un nuovo giudizio in sede di rinvio innanzi a diversa sezione della Corte di appello di Napoli.

Appare probabile che tale procedimento verrà riunito a quello che vedrà,  sempre in sede di giudizio di rinvio, alla sbarra  il boss Domenico Pagnozzi il quale, sempre in accoglimento di un ricorso redatto dall’avvocato Dario Vannetiello, solo pochi giorni orsono, precisamente in data 12.06.19, ha ottenuto l’annullamento con rinvio della sentenza di condanna ad anni 16 di reclusione per il delitto di associazione  di stampo mafioso e violazione alla legge armi.