Le piccole e medie imprese della Campania si sono rivelate più solide del previsto nell'affrontare la "tempesta perfetta" che da tre anni investe l'economia locale e internazionale fra lockdown, guerre, caro energia e materie prime. E' una delle tendenze principali che emerge dal Rapporto PMI Campania 2022, realizzato dal Centro studi Piccola Industria di Confindustria Campania con il contributo dell'Abi, promosso e presentato stamattina all'Unione industriali di Napoli da Pasquale Lampugnale, presidente regionale e vicepresidente nazionale di Piccola Industria Confindustria. Lo studio è stato oggetto di un dibattito al quale hanno partecipato anche Giovanni Sabatini (direttore generale Abi), Emanuele Orsini (vicepresidente Confindustria per il Credito, la Finanza e il Fisco), Francesco Izzo, (Ordinario di Strategie e management dell'Innovazione del Dipartimento di Economia dell'Universitaà della Campania Luigi Vanvitelli), Costanzo Jannotti Pecci (Presidente Unione industriali Napoli) e Luigi Traettino (Presidente Confindustria Campania), oltre ai vertici delle territoriali campane di Piccola Industria. A moderare l'incontro il giornalista economico Enzo Agliardi.

«Il quadro che emerge dal Rapporto PMI Campania 2022 mostra che il settore delle imprese campane, in particolare quello delle PMI, è stato più resiliente rispetto al contesto estremamente complesso. Dal Rapporto emerge un contributo rilevante a ridurre gli effetti del rallentamento economico. Si può trarre una valutazione positiva anche dal lato del credito i cui flussi all'economia locale sono stati superiori alla media nazionale. Per un quadro generale, particolare attenzione andrà quindi posta all'evoluzione futura dell'economia e soprattutto alla capacità prospettica di resilienza delle imprese. In questo senso, riteniamo opportuno, per consentire alle imprese di rendere il livello di debito più sostenibile, reintrodurre misure di garanzia per favorire la rinegoziazione del debito in essere su scadenze più lunghe, lasciando alle imprese maggiori risorse per far fronte all'andamento dei costi dell'energia e per realizzare gli investimenti programmati» afferma Giovanni Sabatini, Direttore generale Abi.

Il 2022 è stato un anno difficile, tanto per l'Italia e il Mezzogiorno quanto per la Campania, in particolare. La ripresa del 2021, dopo la drammatica caduta del 2020 causata dal lockdown, si è raffreddata bruscamente a causa di un cambiamento radicale dello scenario macroeconomico. Alle turbolenze del mercato energetico si sono infatti presto affiancati il drammatico conflitto in Ucraina che dura dal febbraio 2022 e la ripresa dell'inflazione, delineando quella tristemente nota metafora della "tempesta perfetta" di venti costanti e grandinate improvvise che le imprese stanno affrontando da tempo. Lo scorso anno si è chiuso per la Campania con un Pil a +3% rispetto al 2021, meno del 4,4% previsto a inizio 2022 e meno dell'incoraggiante +6,4% raggiunto a fine 2021 rispetto al 2020. Il raffreddamento e la crescita limitata continuano anche nelle stime per il 2023, che lasciano intravvedere una fase di recessione per la Campania (-0,5% previsto a fine 2023) con il resto d'Italia che proverà a galleggiare intorno allo zero.

Le PMI campane e del Sud in generale, data la loro ridotta dimensione e tipologia con scarso potere negoziale, non hanno potuto superare indenni questa "tempesta" aumentando le scorte, diversificando le fonti di approvvigionamento o scaricando l'aumento dei costi di produzione sui clienti, e hanno visto quindi allargarsi nuovamente la forbice rispetto alle regioni centro-settentrionali. E mentre prosegue in Parlamento il dibattito sull'autonomia differenziata, diventa quindi ancora più importante - evidenzia il Rapporto PMI Campania - la capacità del Governo di impegnare le risorse disponibili, a cominciare da quelle del PNRR, per rafforzare il quadro macro-economico, sostenere investimenti e consumi, contrastare il calo demografico e l'impoverimento diffuso.

Il recupero del Pil nel 2021 e l'andamento positivo ma rallentato nel 2022, favorito dall'aumento dell'export, dell'industria manifatturiera e dei servizi, lascia comunque la Campania ferma a quota 66 su base 100=Italia. E anche se il reddito disponibile delle famiglie campane è cresciuto tornando sui valori preCovid del 2019, la nostra regione è ancora penultima in questa classifica, davanti alla sola Calabria. Il comparto servizi resta dominante (quasi l'80% del valore aggiunto regionale), mentre il manifatturiero pesa solo per il 13,3%, molto meno della media italiana (20,2%). Sul fronte occupazione, la Campania ha recuperato i livelli preCovid del 2019. Il miglioramento è però anche effetto di un calo demografico ormai diventato strutturale fra minore propensione ad avere figli ed emigrazioni verso altre regioni o all'estero. Dopo il 2019, quando si erano cancellati dall'anagrafe quasi 40 mila campani, c'è stato un calo ulteriore di 31,5 mila unità.